Come prevedibile, il film su Barbie ha riempito i media sia nuovi sia tradizionali appena uscito nelle sale e noi cosa facciamo? Il nostro punto di vista sulla bambola in questione è tutt’altro che imparziale (sempre odiata) quindi evitiamo di sbilanciarci troppo, ma guardiamo il fenomeno da un’altra prospettiva: quella di chi ama i mondi capovolti e sta cercando di costruirne uno.
Barbie al cinema: e noi?
Lo diciamo senza problemi: la visione al cinema è esclusa, perché vogliamo evitare di sentirci brontolare con frasi tipo “fate silenziooooohhhh!” dai vicini di posto mentre il polo positivo vedente spiega al polo negativo non vedente quando le scene sono mute.
In Brasile pare sia scoppiata una rissa tra mamme, per una bambina minore di 12 anni presente in sala e perché una delle due contendenti parlava ad alta voce con la propria figlia; noi di fronte a un: “ci state disturbando” come minimo gli alzeremmo il dito medio perché, se nessuno ci dà supporto, tocca arrangiarci con quello che abbiamo: la nostra amicizia dove, a volte, uno fa “da occhio” all’altra.
Barbie infatti, al momento in cui scriviamo – 28 luglio 2023 – non è provvisto di descrizioni audio nell’applicazione Movie Reading, che permette alle persone con disabilità visiva e uditiva la fruizione di contenuti sia in sala sia in tv.
Basta lasciare che il microfono dello smartphone intercetti l’audio del film, e l’applicazione si sincronizza con quest’ultimo offrendo a schermo i sottotitoli per chi ha problemi a sentire, o fornendo nell’auricolare una voce fuori campo a descrivere ogni scena non supportata dai dialoghi.
Allora cosa facciamo? Dobbiamo ingrassare una casa produttrice che fa credere il suo film sull’empowerment femminile e supercazzole ma poi non prevede la possibilità di vederlo per chiunque, lasciando che le persone con disabilità sensoriali si arrangino? Sempre clienti di serie B? Vogliamo il supporto di Movie Reading, non GifterReading, quindi i soldi resteranno in tasca a noi.
Sembra che nei cinema americani l’audiodescrizione di Barbie sia prevista ma non possiamo averne la piena certezza, in ogni caso la mancanza è grave lo stesso perché se il film è uscito in tutto il mondo il 20 luglio 2023, doveva essere già pronto coi supporti per la disabilità sensoriale ovunque e qualsiasi giustificazione sul perché di questa mancanza, a noi non riguarda.
Perciò, onde evitare di litigare con sconosciuti intolleranti quando il cinema servirebbe per divertirsi, abbiamo decisamente rinunciato ad andarci e aspetteremo quando potremmo guardarcelo in pace, di persona o a distanza, spiegando le scene e facendo siparietti nella libertà di casa nostra.
Qui non faremo una recensione perché fino a quando non l’avremo visto di persona non possiamo crearci giudizi fondati sul sentito dire, ci riserveremo di parlarne meglio appena avremo la nostra personale opinione.
Vogliamo condividere solo alcune riflessioni sul fenomeno evidenziato dal film, e da alcune situazioni che scrivendo le nostre storie incontriamo anche noi. Con la differenza che Barbie, forse, può permettersi di non farsi certi scrupoli.
Mondi opposti e paradossali
Paradossi ed esagerazioni sono ingredienti fondamentali di un mondo inventato, qualunque sia l’idea da cui si parte e così è stato anche per Barbie: ci sono recensioni che dicono tutto e il contrario di tutto e la cosa dipende dalla sensibilità, e le idee, di chi l’ha guardato.
Per quanto sappiamo, è vietato ai minori di 13 anni e una ragione ci sarà pure! Da interviste a chi l’ha scritto e prodotto, pur avendo delle perplessità sulla trama, ci sentiamo più affini agli autori di quanto pensassimo! Perché di fatto, il mondo reale e quello positivo creati da noi, sono pieni di paradossi e iperboli tanto quanto (o forse più) di quello progettato da Greta Gerwig e Noah Baumbach. Marito e moglie, uomo e donna. Come lo siamo noi, uomo e donna, anche senza essere marito e moglie però!
Quindi? Davvero Barbie è un incentivo alla misandria, odio verso gli uomini? In una delle tante recensioni che abbiamo letto viene chiamato “pellicola anti-uomo alla stregua di una mina” e poi abbiamo capito, dal profilo del recensore (di sesso maschile), che il suo pensiero vede “anti-uomo” qualsiasi battaglia per la parità di genere allora in automatico il suo giudizio acquisisce un valore pari a zero.
Meglio, allora, prenderla come un’iperbole satirica che fa il verso a maschilismo e femminismo assieme.
Il mondo di Barbie
Barbieland: mondo fantastico gestito da donne. Cioè, non donne. Bambole senza vita sessuale perché ovviamente prive di organi riproduttivi – seni sì, vagina no. Figure che, per nascita, possono essere tutto e il contrario di tutto: medici astronauti avvocati o presidenti, così. Senza dover studiare, sei la Barbie dottoressa perché dall’alto si è voluto in questo modo!
E i Ken? Anche loro bambolotti, ma senza alcuna facoltà. Solo quella di vivere la propria vita come ombra della Barbie di turno. Situazione ideale a cui ambire? No, una bella pubblicità fondata sulla presa in giro. “Barbie può essere ciò che vuole, Ken è solo Ken”.
Un regno che, quando Ken scopre un mondo umano dominato principalmente dai maschi, trasforma in Kendom. E qui è partito da noi il siparietto sui nomi: pensa come si sarebbe chiamato il paese dei maschi se invece di Ken (Kenneth) il personaggio maschile si fosse chiamato Con (Conrad, o Connor). Se per Ken è Kendom, per Con???
E Barbie poteva chiamarsi benissimo Tina, Tinafarm il regno.
Spiegazione per chi è poco malizioso: Tina è il diminutivo di Christina, sì, ma allude alla Crystal Meth (metanfetamina, una droga usata da alcune persone per eliminare le inibizioni sessuali (chemsex) e Farm significa fattoria ma anche fabbrica quindi un posto dove se ne trova (e produce) tanta! Inevitabile quindi che dove c’è Tinafarm, non ci sia molta presenza di Condom (il regno di Conrad nonché parola inglese per “profilattico”) – è uno dei rischi relativi al chemsex, la frequenza dei contatti sessuali privi di precauzioni, oltre che di inibizioni.
Se già quasi 90 anni fa Disney ha azzardato (nessuna conferma o smentita sull’intenzione) l’allusione alla cocaina attraverso i nomi dei sette nani, possibile che la sceneggiatrice giudicata tanto “geniale” di Barbie sia scaduta in nomi così banali? Il target di riferimento è davvero così stupido? Porca miseria, almeno il regno acquatico della sirenetta si chiamava “atlantica” ispirato probabilmente alla mitologia, qui sono proprio cascati in basso.
“Barbieland” -terra dove tutte si chiamano Barbie– e Kendom -regno dei Ken-, insomma dai! Senza essere stati “dietro le quinte” del film non possiamo fare un lavoro approfondito di allusione e satira correlata al nome, ma sul nostro mondo positivo abbiamo scelto “bugliano” perché include uno dei nomi gergali dati a HIV (“bug”) e il vettore maggiormente associato alla trasmissione del virus. “Bug Lì, Ano”. Non poteva essere diversamente!
Precisiamo comunque che non abbiamo inventato noi questo nome, è un paese fittizio già presente in Internet da prima che il Mondo Positivo nascesse e noi abbiamo solo fatto l’associazione avendo letto un articolo “Bugliano, il comune fittizio diventato virale” o qualcosa del genere. Ci hanno offerto l’ambiente su un piatto d’argento, potevamo rifiutare l’occasione?
Non importa: Barbieland è il mondo fittizio di Greta Gerwig e noi dalle recensioni che abbiamo letto in merito ci siamo messi a riflettere sul nostro mondo positivo, partendo dalle critiche mosse a quello di Barbie.
Messaggi sociali e prese in giro
La trama di Barbie spinge un messaggio fondato sull’individuo: la bambola che vuole diventare umana, autodeterminata nel corpo e nelle azioni, Ken che tramite il gioco di parole “I am Kenough” capisce di essere se stesso (e bastare a se stesso) anche senza Barbie. Kenough, gioco di parole che fonde Ken e “enough”, tradotto con “abbastanza”. Come se noi in italiano sul nome Costanzo giocassimo con lo stesso metodo “io sono abbastanzo”. Siamo lì.
Prendendo il film sul serio, le perplessità ci sono perché estremizza i comportamenti di donne e uomini, le une come intelligenti gli altri come stupidi a prescindere. E perché di fatto non contempla l’idea di una collettività: “c’è Barbie e c’è Ken”, invece di pensare a “c’è Barbie, c’è Ken, e il mondo in cui devono vivere con la possibilità di incontrarsi, confrontarsi, scontrarsi.”
Viene spontaneo pensare che, preso alla lettera, un messaggio del genere è dannoso non soltanto per i bambini e le bambine, ma a livello sociale: indipendenza l’uno dall’altro come individui va bene, ma così pare che uno debba sempre dominare sull’altro.
Tanto vale, allora, prendersela un po’ più comoda e leggere le esagerazioni per quello che sono: simboli di come diventerebbe il mondo, se il punto di vista fosse limitato al genere di appartenenza.
Mondo Positivo: effetti indesiderati
Nostro malgrado anche noi come blogger di fantasia ci siamo scontrati col medesimo, antipatico, effetto della prevaricazione: nel Mondo Positivo sono le persone HIV negative a essere discriminate, questo è il punto di partenza; ma all’inizio ci siamo lasciati prendere la mano.
Questo è accaduto perché, come destinatari noi per primi dello stigma, avevamo preso gli antagonisti dei racconti come una “valvola di sfogo” su cui scaricare le tensioni accumulate verso chi, in un modo o l’altro, nella vita reale ci ha discriminati.
Quindi accadeva che le persone HIV negative fossero descritte sempre come cattive o, come minimo, stupide e quelle HIV positive fossero a propria volta villane e senza scrupoli, fino a far subire all’avversario la morte civile se non accettava di diventare come loro.
Cosa ci ha impedito di finire fuori strada? Le reciproche diversità sia come persone, sia nelle idee; quante volte ci siamo sentiti offesi l’uno dai racconti dell’altro, in una violenza verbale trasferita ai personaggi come se la scrittura fosse diventata una sorta di sputacchiera o, meglio ancora, orinatoio. Siamo andati avanti mesi a buttare via materiale assolutamente impubblicabile dove “untore” e “negativo di merda” erano le parole più gentili.
Alla fine, tanto è valso farci una mega scazzottata in una conferenza audio durata cosa, neanche abbiamo la cognizione del tempo, minimo quattro ore in cui ce le siamo detti a fuoco: vero è che la scrittura è usata frequentemente come terapia, molti psicologi consigliano di tenere un diario in caso di frustrazione e anche in diversi corsi di scrittura viene messo in risalto come “scrivere allevia il dolore”.
Ma quello, non è mai stato il nostro obiettivo, siamo due amici e non uno lo psicologo dell’altro quindi fra noi “l’abbiamo toccata piano”: siamo frustrati? Creiamo una cartella “sfogatoio” dove buttiamo dentro quello che esce dal culo, più che dal cuore; dopodiché cerchiamo di essere coerenti con la nostra ambizione.
Vogliamo lottare contro lo stigma rispedendolo al mittente, facendo riflettere i lettori sul motivo per cui lo stigma faccia male? Perfetto: sforziamoci di non scadere allo stesso livello di chi ci emargina, creiamo un mondo di esagerazione ma non prevaricazione.
Perché così siamo noi, abbiamo trovato l’equilibrio e funzioniamo grazie al nostro essere opposti. Uomo-donna, vedente-non vedente, gay-etero, HIV positivo-HIV negativa, sposato-single.
E seppure con un grande sforzo iniziale, siamo arrivati fin qui perché abbiamo sbattuto il naso sul rischio del mondo capovolto basato solo sui nostri ideali più estremi, e ci siamo fatti molto male quando “lo specchio” ci ha restituito un ambiente finto peggiore di quello in cui viviamo nella realtà.
Stavamo andando incontro a un miserabile fallimento prossimi persino alla rottura della nostra amicizia, fino a quando ci è venuta incontro la fisica: nel mondo reale le batterie come funzionano? Producono elettricità solo se il polo positivo e quello negativo interagiscono fra loro.
Perfetto: allora siccome anche noi andiamo d’accordo se non ci pestiamo i piedi, perché nel mondo positivo non può funzionare uguale?
I personaggi potranno anche avere intolleranza e stigma fra loro, ma si può trattarlo in modo adeguato e la storia di Barbie col suo mondo tutto rosa esageratamente perfetto, ci ha dato un esempio di cosa non volere. Bugliano non sarà mai come Barbieland, e speriamo che nessuno possa ambire a una simile condizione per la vita reale.
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