MONDO REALE: il 5 settembre è il compleanno di Freddie Mercury; se non fosse morto all’età di 45 anni, nel 2022 ne avrebbe compiuti 76. Chissà quale e quanta musica ci avrebbe regalato ancora? Non ha importanza, il ceppo di virus HIV antagonista ha deciso diversamente per lui, ritenendo opportuno mandarlo in AIDS e portarselo via.
MONDO POSITIVO: il primo compleanno che Freddie può vivere alla luce del sole, senza nascondersi dietro la maschera di Zach Nolan. Ma dimentica che il pericolo mitomane non è scomparso, ANZI! Riuscirà HIV di Bugliano a salvarlo in tempo?
Buon compleanno, Freddie!
Iniziare la giornata con tua figlia che apre piano piano la porta della tua stanza, guarda dentro, ma si avvicina solo quando capisce che sei sveglio. Si siede sul tuo letto, ti abbraccia, ti dà un bacio, ti fa gli auguri di buon compleanno e tu pensi: com’è possibile che sia diventata adulta, abbia la sua vita, e ancora cerca le coccole di papà!
Normale amministrazione per qualunque padre di famiglia, sicuramente. Ma non quando hai scoperto di essere tale solo da poco tempo e le circostanze ti hanno costretto a nasconderti. Anzi peggio, a darti per morto così quella bambina è diventata grande senza di te.
“Dai, forza, che ti stanno aspettando!”
E io che mi ero rassegnato all’ennesimo compleanno da solo con la tv! Fino a ieri non mi risultavano feste in mio onore, è ancora in ballo la chiusura del Campus e l’atmosfera è malinconica perciò Tatiana mi ha sorpreso, venendomi a chiamare vestita elegante. Non ho creduto alla scusa del mio “primo compleanno in famiglia”, per essere vestita e truccata in modo appariscente mia figlia deve aver preparato qualcosa di grosso.
Ancora più grande è stato lo stupore quando invece di fermarci in sala break mi ha portato nell’ex locale “House In Virginia”, quello dove in teoria si mangiano le insalatone hawaiiane e che non so per quale ragione ancora non hanno inaugurato.
Alla faccia del compleanno! Se iniziamo con una Poké di nutria a colazione, poi prima di sera sono morto davvero!
Colazione al Bugliano Salad
“FREDDIE!” Un urlo, seguito da un applauso collettivo. Appena siamo entrati, ci ha accolto l’intero Campus: il corpo insegnanti, il Consiglio Studentesco IBUOL ma soprattutto i miei preferiti, gli allievi del corso di pianoforte.
“Bul, ma che cazz…” Lo sguardo di mia figlia ha interrotto qualunque volontà di protestare, lei non vuole che in pubblico la chiamo “Bul” e non mi spiega il motivo! Allora mi sono limitato a sedermi a tavola, dove già di fronte a me era stato messo un piatto con un croissant caldo.
“Per te, festeggiato!” C’era Adri col vassoio e distribuiva brioche e fette di dolce a tutti; il grande profiler declassato a cameriere?
Molto strano, ma appena ho tentato di parlargli ha evitato ogni mia domanda, potevo solo ringraziarlo e proseguire con la colazione mentre lui, con la scusa dei piatti, osservava i movimenti di ogni persona.
La situazione più singolare però, era che nessuno di noi avesse forchette o coltelli; neanche chi al posto del cornetto preferiva il pane con la marmellata! Nessuna lama per tagliare, solo cucchiaini e una paletta per distribuire qualunque prodotto spalmabile sulla fetta di pane o di ciambella che, evidentemente, qualcuno aveva già provveduto a tagliare prima del nostro arrivo.
Senza contare poi le fette di dolce alla frutta! Al posto della forchettina, chi non voleva usare le mani doveva accontentarsi delle bacchette utilizzate nella cucina orientale.
“Sono impazziti”, ho pensato subito; poi però guardando gli occhi sorridenti di mia figlia, un lampo di inquietudine si è fatto strada nella mia mente: la mia Tatiana Bulsara Mercury ha lo stesso sguardo di sua madre, la povera Maria Sole, uccisa con un coltello! Dissanguata. E se hanno tolto da ogni tavolo qualsiasi oggetto affilato il motivo è solo uno…
“Oh, Freddie, ci sei?” Sono stati i miei allievi a distogliermi da quel pensiero terribile.
Il gruppo del pianoforte si è piazzato proprio al tavolo di fronte al mio e anziché il caffè, ogni studente aveva un calice di vino! “Lo sapete”, ho cercato di rimproverarli; “gli alcolici di prima mattina fanno male!”
“Parli tu che ti sei drogato come una spugna per tutta la vita”, ha bisbigliato qualcuno ma ho fatto finta di non sentirlo.
Tra loro c’era anche l’autista che guida il pulmino del campus, Raul. L’unico ad aver bevuto un bicchiere di tè freddo al limone! Con tutte le volte che negli anni è stato al servizio del dottor Raymond Still per accompagnarmi in giro quando ancora tenevo la maschera, mi ci sono affezionato perché si chiama Mercuri, e io Mercury. Ma all’epoca neanche potevamo parlarne.
Raul Mercuri, finalmente un caro ragazzo che ha messo gli occhi addosso a mia figlia. Dopo l’alieno e il tizio col tatuaggio dello scorpione, era ora che lei scegliesse un fidanzato più consono!
“Guarda Zach, io e Tati non stiamo assieme; è solo che…”
Non volevo sapere i particolari, stavo solo per dire a entrambi che sono felice per loro anche se, osservandolo meglio, Raul non appariva in piena forma; lo vedevo pallido come un lenzuolo, sudato malgrado l’aria condizionata, e aveva mangiato il minimo indispensabile.
“Questa è la conversione”, aveva detto mia figlia guardando il suo ragazzo; “è successo tutto a ferragosto e tra non molto sarò ufficialmente la sua gifter! Basterà confermarlo col test, ma è questione di giorni! Se solo la piantasse di chiamarti col vecchio nome, tu non sei più Zach Nolan!”
Decisamente sì, la mia piccola è cresciuta e non le sono stato vicino; poco potrei fare adesso per convincerla a cambiare idea, fatico ancora ad accettare la sua volontà di trasmettere il virus che io stesso ho contribuito a darle, ma in fondo è il mio compleanno e ho poca voglia di discutere.
“Mannaggia la miseria”, a distrarmi ha pensato una voce femminile in mezzo al gruppo del pianoforte; “se solo mi dessero un dannato coltello!”
Indubbiamente mi dovevo alzare e dare una mano, nel limite delle possibilità. Fortunatamente però, è intervenuto Adri a portare le posate alla ragazza che stava combattendo con la fetta di ciambella troppo grossa.
Stare sempre in guardia
Terminata la mia colazione sono rimasto in silenzio; conoscevo bene la ragazza del coltello e volevo capire le sue intenzioni; ancora a fine anni 80 l’avevo incontrata bambina, tra le braccia di suo padre, che l’aveva portata da me a Garden Lodge sperando di impietosirmi e farmi cambiare idea sul licenziamento. Quell’uomo però doveva andarsene per una causa più che giusta, bambina o no!
Ricordo molto bene quanto fossi certo di mandarlo fuori dai piedi, è impressa nella mia memoria l’immagine di un episodio avvenuto nel 1989. La piccola Rachel di appena un anno e mezzo stava giocando nel mio salotto mentre suo papà lavorava in giardino, io scrivevo una canzone per la mia band e avevo sentito un forte rumore di cocci; non so quale sangue freddo avessi avuto, ma ero corso immediatamente in salotto trovando la piccola insanguinata e piena di schegge di vetro! Quella volta avevo fatto del mio meglio per aiutarla mentre aspettavo l’ambulanza, e togliendole i vetri dalle guance e dal collo mi ero ferito anch’io. Un lampadario appeso male si era trasformato in un’arma!
Guarda caso a occuparsi di montarlo era stato il papà della piccola, che se non è morta dissanguata è solo per miracolo.
So soltanto che quel giorno, in preda a troppe emozioni, avevo cambiato idea sul testo da scrivere.
Si trattava del solito brano romantico che il pubblico gradisce un sacco ma non mi piaceva più, così era finito nel cestino e di getto avevo scritto la prima bozza di “the miracle”. Senza sapere che quel presunto “incidente”, per le ferite di entrambi, avesse lasciato in Rachel un segno indelebile di me.
“Gifter, Gifter Freddie”, tenendo il coltello in mano Rachel mi si è avvicinata, non appena Adri si è distratto per una telefonata in arrivo. “Io ho bisogno di rivivere quel giorno! Freddie ti prego”…
Pensavo al ferragosto, la grigliata e il tiro alla fune col sapone in cui ci siamo divertiti molto, ricordavo quando Rachel aveva aiutato mia figlia che si era ferita. Ma stavolta non c’era sangue, allora cos’avrei dovuto fare io? In cosa l’avrei potuta aiutare?
“Devi farlo, Gifter”, mi ha implorato lei ,porgendomi il coltello; “ho scelto io la fetta di ciambella più grossa per dividercela!”
Quali film mentali mi sono creato, dove sta il problema se voleva solo condividere la colazione!
Io non ho mai creduto al fatto che la colpa dei padri debba ricadere sui figli, così ho preso la ciambella e invitato Rachel ad accomodarsi al tavolo con me! Lei però, invece di stare al mio fianco, ha insistito per sedersi sulle mie ginocchia! Strano, ma forse ha bisogno di coccole. Ha perso il padre, chissà che vuoto ha nel cuore!
Adri e Floyd Turnpike sono andati via, ormai la colazione è finita e nel locale siamo rimasti solo io, Rachel, e mia figlia; senza esitazioni, ho tagliato la ciambella in tre e ce la siamo mangiati.
“Adesso fallo però”, continuava a dirmi Rachel; io e Tatiana non riuscivamo a cogliere cosa volesse, fino a che non l’abbiamo vista indicare il coltello che ancora stavo impugnando, estendere il collo all’indietro ed esporre la propria gola.
“Gifter Freddie ti prego, prendi il mio sangue e dallo tutto al mio amore. Il prof Ryan John ne ha bisogno!”
Rachel mi ha tolto il coltello dalle mani e io non sono riuscito più a muovermi; Tatiana è corsa via a chiamare aiuto, io non sapevo più cosa fare perché il mio corpo sembrava non rispondere più: avevo i minuti contati, il dissanguatore si presentava nelle sembianze di una ragazza dolce, una povera bambina indifesa e ferita ormai diventata grande e con una cicatrice sull’orecchio sinistro a ricordarle l’incidente di molti anni prima.
Qualcosa non tornava però: se il killer ha sempre voluto dissanguare me, perché lei voleva che io la uccidessi? Lei continuava a pregarmi di aprirle la giugulare, in preda a un evidente delirio.
“Rachel, no”, avrei voluto dirle ma la voce non usciva. Momenti di panico alternati ai dolori lancinanti in tutto il corpo, la lama del coltello che apriva una ferita sulla morbida pelle di lei; stavo uccidendola veramente?
“Freddie, cazzo, ti ho fermato appena in tempo!”
Non ricordo chi mi avesse detto queste parole, so soltanto di essermi trovato sul mio letto con Tatiana e Adri accanto a me. Niente coltelli, nessuna traccia di Rachel. Avrò fatto un brutto sogno, quanto cazzo ho dormito? La paura del mitomane è ancora troppa, lo ammetto, pur non sapendo con certezza se il dissanguatore è verità o leggenda.
Eppure il dolore c’è, una fasciatura macchiata di sangue ricopre la mia mano ferita; sarò così cretino da essermi tagliato da solo, probabile!
“Ringraziate HIV vostro”, sento chiaramente la voce di Adri; “non ci fosse lui a quest’ora non voglio pensare alla fine che avreste fatto! Tu, tua figlia e Rachel. Stavolta non si scherza più!”
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