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Complevirus: atto finale

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Cosa ti indirizza nella vita?

Approfitto della domanda giornaliera WordPress per concludere (finalmente!) la storia del mio decimo complevirus. Alla domanda “cosa ti indirizza nella vita” quindi ho una risposta soltanto: l’orgoglio e la dignità. Anche se a volte l’orgoglio mi porta a sbagliare.

DISCLAIMER: sono sempre Gifter. Ma Elettrona, impegnata su altro progetto, mi ha autorizzato a scrivere quanto segue; questo è il blog nostro, soprattutto suo perciò mai e poi mai diventerà il mio territorio! Solo il tempo di smarcare alcuni impegni dopodiché torneremo a slancio con le storie di fantasia.


Decimo complevirus: com’è andata?

Su quindici persone invitate ne sono venute sei. Va bene, cinque, il sesto è quello che mi ha dato una mano a organizzare tutto; pazienza, meno da cucinare per me e mio marito che tra ieri e oggi ci godiamo le torte salate, porchetta e mortadella “in più”.

Adesso sarebbe da farci un bel post su qualche testata giornalistica strappa lacrime (chi ha detto fanpage? Io!) dove si scrive: “sieropositivo fa una festa di compleanno, si presentano in 5 su 15. La foto dei posti vuoti commuove il web”. Anzi per farla ancora più virale scriviamo “BAMBINO sieropositivo compie 10 anni”! Fake news per fake news…

Ovvio che scherzo, anzi, sto proprio facendo il verso a tutti coloro che si appassionano di queste cagate! Quando io parlo di dignità intendo proprio questo. Chissà quante volte succede sull’Internet la scena a cui tutti credono e piangono con la mamma che per attirare l’attenzione manda gli inviti per due o tre giorni in ritardo o anticipo, poi scrive sui social che il suo povero bambino super eroe è rimasto solo. Con buona pace dei bambini che sono soli davvero.

In realtà mi aspettavo che quelle persone, proprio quelle, dicessero di sì e poi all’ultimo momento non si presentassero ma essendo un evento per me importante ho voluto coinvolgerle ugualmente.

Inoltre è stato un modo per metterle alla prova e far fare loro i conti con la loro ipocrisia di fondo, arrivata puntuale come un orologio svizzero: “scusa Alex se non sono venuto ma non approvo iniziative come questa! Lo sai! Io non voglio che tu ti identifichi col virus e lo festeggi pure!”

Amen! Siamo stati più larghi, abbiamo mangiato di più, ed essendo anche tra persone più intime ci siamo potuti permettere di sbilanciarci più del solito nella conversazione e abbigliamento… [CENSURA]; chi vuole si senta libero di pensare male, non glielo vieto e non mi offendo perché la mia libertà inizia dove finisce quella… No, la mia libertà inizia da quando c’è U=U.

Ciò non toglie che gli altri rimangano comunque nel mio giro di frequentazioni ma ho capito ulteriormente che per quanta confidenza ci sia, non su tutti gli amici si possa contare allo stesso modo né avere una comprensione piena; è però uno spunto di riflessione importante per rendersi conto di un errore commesso da chiunque senza esserne consapevoli.

TU sei uguale a noi!

Eccolo, l’errore di fondo: “tu sei come noi, sei uguale a noi!” Detto così in modo assoluto: io sono uguale a una persona HIV negativa nei diritti fondamentali di lavoro, amicizie, relazioni, insomma i diritti umani! Tutto quello per cui lottiamo singolarmente e in gruppo da 40 anni e questo è fuori discussione.

Ma se tu mi dici “sei uguale a noi” dopo non vuoi che il mio HIV esca in una conversazione o momento di condivisione, tu mi stai ingabbiando perché il virus è parte di me come la mia altezza, il peso, i capelli e così via. Non dev’essere “il centro” di tutto ma se ti giri dall’altro lato quando mi vedi con le medicine in mano vuol dire che il tuo “sei uguale a noi” è solo ipocrita, mi stai dicendo chiaramente che preferisci non vedere quel lato di me perché ti fa paura. Quindi, alla fine, IO ti faccio paura e ti vergogni a dirmelo esplicitamente.

Purtroppo lo sbaglio sta nell’approccio negativo, mascherato da positivo, nei confronti delle “diversità invisibili” tra cui l’HIV. Lo spot dell’alone viola ha condizionato l’opinione pubblica a vedere la persona “malata di AIDS” o mezza morta o contornata da questa aura inesistente; inevitabile quindi sentirsi destabilizzati vedendo uno come me che non si vergogna di avere l’HIV né di averlo preso da un rapporto omosessuale! Così scatta il meccanismo automatico: “per me non è assolutamente un problema saperlo”. Però… “se non me ne parli è tanto meglio”. Quel silenzio che fa star tranquilli tutti ma che finisce per generare stigma. E io non ci sto più.

“Sei uguale a noi, a patto che ci nascondi parte di ciò che sei”. Figuriamoci quando hanno saputo che ci ho “addirittura” organizzato una festa su!

Il concetto distorto di orgoglio

Eviterò la “cronaca” del complevirus nei particolari perché non servirebbe alla finalità di questo articolo. Tengo però a condividere la ragione per cui l’ho organizzato: l’orgoglio, cazzo, sì. Orgoglio.

Il concetto travisato di “orgoglio” farebbe storcere giustamente il naso a chiunque. “Ma come, sei orgoglioso di avere l’HIV?” Anche no, decisamente no. Però sono orgoglioso del percorso che ho fatto, di non essermi lasciato travolgere dallo stigma e adesso mi posso prendere il lusso di prendere in giro tutti i pregiudizi e chi li alimenta. Sono orgoglioso di dire “no, cazzo, esisto! Tu mi vuoi mettere in silenzio ti faccio paura ma io ti travolgo”.

Il mio è l’orgoglio di chi si è stancato della carità pelosa e di chi ostenta compassione che poi non ha. Negare a se stessi le “diversità” altrui non vuol dire accettarle! Certo che il virus non mi identifica come persona. Non sono un virus che parla e cammina, quello semmai è un personaggio dei miei racconti inventati. Il virus però, se non deve costituire “un’etichetta”, è una situazione che mi ha consentito di diventare la persona che sono ora! Nel bene, e nel male.

Ha stravolto i miei valori (fedeltà sessuale compresa), le mie priorità, in qualche modo anche l’interesse verso certi argomenti! Fino a 10 anni fa se la Ferrari perdeva un gran premio mi crucciavo. Adesso dico “pazienza sarà per un’altra volta”; davo più peso a determinate discussioni che adesso valuto INUTILI, comprese (soprattutto) le chiacchiere da bar sulle questioni legate alla sanità. Vaccini sì vaccini no case farmaceutiche blah blah blah beato chi ha buon tempo di discutere senza averne competenza e non gli tocca fare i conti con la salvezza del proprio culo.

Mi dedico con più determinazione alle mie passioni e… Dulcis in fundo se non ci fosse stato il virus non avrei mai conosciuto la persona speciale che ha ideato questo blog e lo tiene in piedi. Modalità sviolinata gratuita.

Precisamente se non fossi stato positivo neanche avrei mai avuto idea che lei esistesse! Mai avrei visto quel video “amore oltre HIV e disabilità” su YouTube con lei e l’ex fidanzato e da lì mai mi sarei interessato a conoscere le problematiche delle persone prive di vista a cui mi trovo ormai a stare più attento. Anche senza accorgermene. Ogni volta che vedo la pubblicità di un nuovo gadget tecnologico mi chiedo sempre “parlerà? Se una persona come lei lo volesse?”

Fossi stato ancora negativo sarebbe stato indubbiamente meglio per tutti. Ma forse sarei stato l’ennesimo gay rompicoglioni maniaco della pulizia, represso, pieno di rabbia per colpa del padre omofobo a cui non avrei mai probabilmente avuto il coraggio di dire quel liberatorio VAFFANCULO definitivo.

“Era sempre mio padre”, dicevo; ma quando gli parlai di me lui all’omofobia aggiunse lo stigma su HIV e lì capii davvero di che pasta fosse fatto.

Senza virus probabilmente avrei ignorato quanto mio padre NON mi amasse, peggio ancora mi sarei tenuto una relazione non più appagante con un manipolatore che mi aveva fatto passare da una gabbia a un’altra, sarei rimasto nascosto. Adesso basta, per cui oltre al decimo ci sarà l’undicesimo, dodicesimo, chissà forse a 77 anni avrò il quarantesimo complevirus a meno che HIV mio non si stanchi prima o arrivi qualche super potere a farmi tornare il segno meno. Non si può mai sapere. Intanto aspettiamo il 3 luglio 2025 che sancirà il mio passaggio nel club dei 50. Anche lì: 3 luglio. Compivo 6 anni quando il 3 luglio 1981 i media occidentali iniziarono a parlare di AIDS. Gombloddo, gombloddissimo!


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