La morte del Dissanguatore, che doveva portare finalmente libertà a Bugliano, ha permesso invece di scoperchiare un’enorme quantità di segreti inconfessabili che non finiscono di dare problemi.
Com’è possibile che alcuni genitori, rispetto ad altri, siano stati lasciati soli dalle istituzioni privilegiando i soliti benestanti che possono scegliere e comprare i figli?
Ora che molti di questi bambini illegalmente adottati sono adulti, è arrivato il momento di fermare questo traffico, causa di tanto dolore e morte.
Arianna, Freddie e gli altri positivi Biohazard avranno la forza di superare l’ennesima sfida?
Evelyn Sloan: perdonami, Sherlock!
La piccola Grace si è addormentata nel suo passeggino e io la sto portando in giro per tutto il Campus; quanto vorrei abbandonare il ruolo di finta baby sitter e svelare al mondo il mio vero legame con lei, ma Arianna per giorni ha insistito a dissuadermi: “Non è il momento, Sherlock ancora non sa nulla e non so come gestire eventuali sue reazioni inopportune.”
Allora cosa aspettano lei e Alison a dirglielo! Avanti così e muoio prima di ricongiungermi con mio figlio e farci pace davvero.
Sono anche stanca di cantare la solita “twinkle little star”, e assicurandomi che nessuno possa udirmi, do alla piccola un bacino sulla fronte cantandole le parole per me più significative, le stesse usate col mio piccolo Sherlock:
wherever you go, whatever you do, I will be right here waiting for you.
Ci sono stata sempre, in realtà: per Alison, per Sherlock, per tutti e il mio ruolo di medico mi ha facilitato l’impresa, ma devo superare una volta per tutte la vergogna affrontando il ricordo per quello che è.
“Grace, piccola mia. Hai gli stessi occhi di tuo papà”, faccio un’altra carezza alla bambina addormentata che nemmeno se ne accorge.
Tenendo al collo il badge del Campus, prendo la decisione di uscire non prima di aver mandato un post alla bacheca pubblica di studenti e docenti, usando il mio smartphone:
“Oggi niente lezioni, analisi né visite: motivi personali mi tengono impegnata. A domani”.
Esco dalla porta nell’aria fresca del mattino, sempre spingendo la piccola Grace che si è svegliata e sta giocando col suo coccodrillo di gomma; passeggiata, poi se Sherlock non si farà vedere andrò io nella sua stanza e lo coglierò di sorpresa.
Ma appena raggiungo il parco vedo subito Greta seduta sulla panchina, il giardino qui fuori dal Campus è ancora un bel posto dove concentrarsi, così mi siedo accanto a lei col passeggino di fronte.
“Evelyn ciao”, lei mi saluta con un sorriso appena accennato; “possibile che proprio oggi tu debba prenderti un giorno libero, cazzo!”
Le spiego, non le spiego, cerco di cambiare discorso: “proprio te, piccola Greta, arrivi nel momento giusto! Questo passeggino è vecchio, di materiale inquinante, dimmi tu se posso puntare su qualcosa di più ecosostenibile per Grace!”
“Cosa ne so io! Ci penseranno i suoi genitori”, lei volge lo sguardo verso gli alberi senza neanche guardarmi: “non mi pare il momento di parlare di passeggini, sai?”
Cos’avrò mai detto! Perché Greta è così maleducata quando di solito è gentilissima!
Di nuovo afferro le maniglie del passeggino e spingo Grace pochi metri più in là; se solo potessi rivelare che questo era il passeggino di Sherlock! 35 anni di età, smontato e nascosto, ma ancora resisteva al tempo!
Mi volto indietro e vedo Greta che, rimasta sola, si è messa a piangere sforzandosi di nascondere le lacrime così mi giro nuovamente verso di lei restando a debita distanza, finché la sento singhiozzare e torno a sedermi al suo fianco.
“Aiutami, Evelyn, ti prego! Non so cosa fare…”
Tiene in mano una scatoletta a me familiare, anche se sta nascondendo l’etichetta fra le dita. “Non si può più tornare indietro da qui, sono sola e Riccardo non ne vuole sapere.”
Da quando ci siamo viste non ha mai degnato Grace di una carezza né uno sguardo e questo, per me, ha un solo significato. “Non fare cazzate”, le sorrido mentre le faccio le raccomandazioni. “Tu non sei sola! Ci siamo tutti noi, fra positivi Biohazard non ci si tradisce e ci si aiuta l’un l’altro.”
“Doveva essere un segreto”, lei continua a piangere lasciandomi prendere la scatolina in mano. “L’avevo nascosta nell’armadietto della mia stanza ma quando sono tornata dal corso di scrittura, era vuota! E solo Tatiana ha accesso, capisci?”
“Mia figlia no, non farebbe mai la spia contro le amiche”, cerco di consolarla ma il suo sguardo non ammette repliche: “Evelyn ti prego, aiutami a far tornare le cose come prima. Liberami di questo peso, se puoi!”
“Impossibile”, le rispondo severa. “Siamo nel 2023, a Bugliano, non in un paesino del Burundi, con rispetto parlando. E tu in confronto a me, sei cresciuta con molte più conoscenze. Non ci hai pensato prima? Bene, adesso ti assumi le tue responsabilità e gestisci la situazione per quella che è.”
“Victim blaming anche tu? Ma perché, ci si è messo anche Riccardo a farmi sentire in colpa, però quando è accaduto era presente anche lui! Non può adesso lavarsene le mani.”
“Teoricamente d’accordo”, le rispondo; “ma non hai diritto di obbligare un uomo a responsabilità che non vuole prendersi. A meno che non sia stato lui a darti il virus! In caso contrario parlane col tuo gifter, magari è merito suo e tu pensi sia di Riccardo…”
“La mia, gifter”, Greta scuote il capo e mi guarda fissa negli occhi; “non fare la finta ingenua perché a darmi il virus è stata Bulsara! Insomma Tatiana, tua figlia. Quella che adesso ha tradito la mia fiducia nel peggiore dei modi.”
“Lei non è mia figlia!” Mi coglie un improvviso impeto di follia e la prendo per un braccio; “l’ho adottata sì ma non è mia! Mio figlio è un altro, e mi odia!”
Non so dove mi sia arrivato questo lampo di rabbia, perché subito me ne pento e le chiedo scusa. “Perdonami Sherlock, non so cosa mi è preso…”
“Chi? Io mi chiamo ancora con lo stesso nome, Greta Flaminia Lando!” Mi guarda perplessa mentre le lancio addosso la scatola vuota, confezione ormai inservibile di un test di gravidanza.
Sherlock, Sherlock. Ho in mente sempre mio figlio e non posso consentire a Greta di sbagliare, col suo, come ho già fatto io.
Freddie: essere genitori
“Tanti auguri, nonno!” Una voce mi sveglia di soprassalto e, aprendo gli occhi, mi rendo conto di non essere da solo. C’è Arianna accanto a me ed è completamente nuda, ma io ho solo ricordi vaghi della serata precedente: prima e dopo cena a discutere su nostro figlio Riccardo e poi? Poi sono crollato.
“Nonno il cazzo”, mi arrabbio; “va bene che è il mio compleanno ma non mi far sentire più anziano di quello che sono!”
5 settembre 2023, primo compleanno da persona completamente libera senza più la paura del dissanguatore e adesso mi sento dare del nonno, ma ti pare?
“Beh”, mi sorride lei; “come dovrei chiamarti, papà di secondo grado?”
Ha un oggetto in mano, che inizialmente non riesco a riconoscere; ha tutta l’aria di essere un prodotto comprato in farmacia. Distinguo solo due linee, un inequivocabile esito positivo.
“Forse gifter”, azzardo a chiederle convinto sia un test HIV; “avrai dato il nostro virus a qualcuno? Cos’è, il risultato di qualche tuo discendente virale?”
“Ma dai, avanti, quelli del virus sono diversi; è un test di gravidanza, Fred! Avrai un nipotino…”
Non posso crederci; mi sono bloccato lì, sul letto, osservando Arianna e lo stick che aveva ancora in mano. “Tatiana, la mia piccola Bulsara… Lei… Perché non è venuta a dirmelo!”
“No, Freddie no, questo è di Riccardo. Cioè di Greta, insomma hai capito o devo farti il disegno? Bulsara è solo venuta a portarmelo.”
I miei due ragazzi! Anche senza sapere che Riccardo fosse mio figlio io lo vedevo bene insieme a Greta. Sono sensazioni che proviamo per i nostri piccoli anche se inconsapevoli di essere genitori.
“Siamo legati più di chiunque altro, Ari! Tutti e due abbiamo finto di essere morti e rinunciato ai nostri figli per decenni. Ora basta però, meritiamo di goderceli!”
Mi piacerebbe organizzare una vacanza tutti insieme, noi e i nostri ragazzi. Partirei anche subito ma Arianna smonta l’entusiasmo: “Non posso, c’è Lisandro! Il mio piccolo, devo portarlo a casa! Freddie ti prego dammi una mano se puoi…”
Lisandro, Lillo Filibui. Il ragazzino tremendo che spacca i piatti e bicchieri al Papero Offeso? Neanche per sogno vorrei venisse al Campus o, peggio, in vacanza con noi.
“Lo fa perché sta male, Freddie! Vuole essere cacciato da dove sta, lo capisci? Non sopporta Jessika Filibui e fa di tutto perché lei lo mandi via!”
Questo è avere due figli ma non vederli crescere. Quando sono adulti sembra più facile spiegarsi, farsi capire, anche uno scontro si gestisce meglio, per quanto Bulsara e Riccardo abbiano un carattere difficile; ma Lisandro, che neanche è mio? Cosa c’entro io?
“Ascoltami bene”, si spazientisce Arianna. “Hai presente quando hai visto la carne macellata di Valentino? In ascensore, che sei svenuto…”
Pagherei l’oro del mondo per cancellare quel ricordo, ancora a volte sogno l’odore di decomposizione che si sentiva da lontano e quei pezzi di carne sanguinolenta trovati nell’ascensore del Campus; chissà mai se supererò lo shock fino in fondo?
“Valentino si è sacrificato”, Arianna mi appoggia la testa sulla spalla e io la stringo forte, cosciente di non poter fare molto per consolarla; “il mio Valentino ha lottato fino all’ultimo, si è fatto macellare come un maiale per Lisandro! Se non fosse stato per lui, il bambino sarebbe in Russia.”
Troppe coincidenze con la Russia e non mi piacciono affatto: la mia Bulsara è nata a San Pietroburgo e ancora adesso si porta avanti un nome russo, Tatiana; io ho saputo di almeno altri due piccoli buglianesi portati a Mosca e la loro mamma ha paura di cercarli…
Ora capisco perché mi hanno costretto a darmi per morto in tutti questi anni, volevano proteggermi. O impedirmi di sapere? Delle due una, e il solo a conoscere la verità, a questo punto, è il nostro HIV.
Adri: profiler fallito
Quanto diavolo ho dormito! Ho spalancato gli occhi abbagliato da una luce fortissima e mi sono trovato il sole in faccia.
Com’è possibile che l’orologio segni le 8 di mattina? Quando mi sono buttato a letto esausto era poco dopo il pranzo. Non mi sentivo bene, un paio d’ore steso per riprendermi, e invece…
“Gifter, bentornato al mondo!”
Alison. Lei; non ricordo quando è entrata né cosa è successo fra noi, per quale motivo ora sta sotto le mie lenzuola e senza vestiti! Potrei aver dormito giorni e non essermi accorto di niente.
Ancora mezzo assonnato mi alzo a sedere, colto improvvisamente da una sensazione sgradevole di vuoto.
Grace! La nostra bambina! Di lei non c’è traccia qui, né la culla né vestiti e passeggino. “Ali, cos’è successo, l’hanno portata via…”
“Ehi, Gifter”, mi ammonisce lei; “è tutto a posto! La bambina è con la nonna, ricordi? Ci siamo presi qualche giorno tra di noi.”
Il suo sguardo però evita di incrociare il mio, è palese il suo tentativo di raccontarmi una bugia: avrò dormito un bel pezzo ma assolutamente non ricordo di aver detto a Alison di portare via nostra figlia. A quale nonna, poi!
“Tua madre è venuta da Chicago e non mi dici niente? Ali, cosa mi son perso…”
Lei mi guarda, poi prende in mano un raccoglitore di documenti. Gli stessi che, ancora dal giorno in cui le ho dato il virus due anni fa, voleva mostrarmi.
“Non intendo mia madre”, Ali mi risponde con nonchalance mentre esplora il contenuto della cartellina. “Sto parlando della tua”.
Mi sta prendendo per il culo, è chiaro, mamma è morta per una grave forma di polmonite poco dopo il mio ventesimo compleanno, è passata una vita!
“Profiler fallito”, Alison ha in mano un foglio con dei dati inequivocabili, specialmente un nome troppo familiare per me. “Hai avuto sempre tua mamma vicino e non te ne sei mai accorto”.
I serial killer sì, i miei veri genitori no; ci dev’essere uno sbaglio perché la mia presunta mamma è sempre stata fredda nei miei confronti. Stento a credere quello che leggo, io sono sempre Adriano “Adri” La Scala. “Sherlock Holmes Sloan Maggio” chi cazz’è?
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