Non solo racconti di fantasia, né HIV/AIDS e relativo stigma; in questo spazio vogliamo condividere anche altri spunti, derivanti da musica o letture che in qualche modo affrontano il tema della “diversità”.
Una domandina facile facile, da un milione di dollari: ma siamo davvero sicuri che imagine di John Lennon sia una canzone pacifista?
L’abbiamo già specificato qui in uno dei nostri primi articoli: non chiamateci troll! Sia per le storie inventate sia in quelle reali il nostro fine non è mai stato quello di provocare, semmai far riflettere e così vogliamo anche adesso pur consapevoli di perdere, quasi sicuramente, un bel po’ di lettori.
DISCLAIMER: post scritto a quattro mani. Contiene abbondante distopia, con una spolveratina di disillusione musicale e quanto basta di psicoblog. Lettori avvisati, mezzi salvati.
Networking sulla musica
Chi ce lo fa fare di mettere in discussione il valore di Imagine, la canzone pacifista per definizione!
Nessuno, in realtà: si stavano solo leggendo i commenti di “non sono ipocondriaco”, blog del nostro contatto Andrea in cui si affrontano vari temi fra i quali la musica.
Il post “saturday pop” del 15 aprile 2023 è dedicato alla canzone “sweet dreams are made of this” e in uno dei commenti c’è stato un altro blogger, Claudio Capriolo, che ha offerto lo spunto:
Ciao! Ti segnalo il canale di YouTube Velut Luna (lo conosci già?) il cui titolare, Marco Lincetto, parla di musica pop/rock eccetera in modo non banale. Pochi giorni fa ha pubblicato un video intitolato Imagine: perché non mi piace e non mi è mai piaciuta. Forse potrà interessarti. Buona giornata.
Claudio si stava rivolgendo ad Andrea ma i commenti sono pubblici e ci siamo messi in mezzo pure noi, curiosi come pochi, perché l’argomento ci interessa.
Siamo consapevoli che il video dura 36 minuti ma vale la pena seguirlo, perché raccontando di Imagine e John Lennon affronta diversi argomenti non solo musicali. SPOILER: non parla di politica!
Qui non vogliamo riassumere i contenuti di Marco Lincetto ma teniamo a condividere la nostra impressione su Imagine, una sensazione che finora in Internet abbiamo nascosto per paura di farci odiare.
A proposito, chiunque legga questo post e voglia esprimere odio nei nostri confronti, si fermi a riflettere su un concetto semplice: un pacifista non deve essere odiatore, e un odiatore non ha alcun diritto di definirsi pacifista!
Imagine: prodotto commerciale ben riuscito
Nel suo video Marco Lincetto ha evidenziato la “semplicità disarmante” di Imagine a livello musicale: pochi accordi e una melodia relativamente semplice da cantare, in modo da avvicinare più gente possibile al messaggio veicolato dal testo.
Noi l’abbiamo sempre considerata una “canzone bella e insopportabile”, in pieno stile ossimoro, perché fra artista e pezzo c’è qualcosa che stona.
Lennon abitava in una super mega villa di lusso e poi cantava “immaginate di non possedere alcuna proprietà”, insomma, dividete ogni vostro bene con l’umanità intera. “Incoerenza intellettuale”, l’ha chiamata Lincetto ma possiamo dire? Anche al giorno d’oggi questa caratteristica esiste in diversi personaggi dello spettacolo, politica o religione. Fai quel che ti dico, ma non quello che faccio.
Prodotto commerciale ben riuscito perché è universalmente considerata una canzone pacifista, ma forse in pochi ci siamo posti domande sulle vere implicazioni di un eventuale mondo “unico” come quello illustrato da Lennon.
Un po’ come bevande zuccherate e merendine comprate in negozio, che sono così popolari malgrado i dottori non siano affatto d’accordo col loro consumo costante.
Almeno però sappiamo che il cibo “spazzatura” fa male e possiamo decidere se abusarne, rinunciarci o mangiarlo con moderazione; al contrario, imagine non fa male però può veicolare un messaggio distorto, anche se a fin di bene.
Il testo di Imagine
Immagina che non esista un paradiso, è facile se ci provi.
Nessun inferno sotto di noi, in alto soltanto il cielo.
Immagina che tutte le persone vivano solo per l’oggi.
Immagina che non esistano paesi, non è faticoso da fare.
Nessun motivo per uccidere o morire, né alcuna religione.
Immagina che tutte le persone vivano l’esistenza in pace.
Potrai dire che io sia un sognatore, ma non sono il solo.
Spero che tu possa unirti a noi, così che il mondo possa vivere come un’entità unica.
Immagina che non esistano proprietà, mi chiedo se ne sei in grado.
Nessun bisogno di cupidigia o brama, una fratellanza di uomini.
Immagina che tutta la gente, condivida il mondo intero.
Potrai dire che io sia un sognatore, ma non sono il solo.
Spero che un giorno potrai unirti a noi, così il mondo sarà un’entità unica.
Quindi, riassumendo: niente confini né ragioni di vita o morte, né proprietà, l’umanità condivide tutto, siamo tutti uguali perché le parole di uno valgono tanto quanto quelle di un altro, non si distingue tra abitanti di un luogo e l’altro della terra perché il mondo è uno solo…
Il mondo ideale di Internet
Possiamo azzardare che, in teoria, il web sarebbe la concretizzazione virtuale del mondo utopico disegnato da John Lennon: in rete è irrilevante da quale territorio una persona provenga, se abbia o no una disabilità, il suo orientamento sessuale o altre tipologie di “diversità” che dal vivo possono ostacolare i rapporti umani.
Facciamo pure l’ipotesi che ogni utilizzatore Internet parli la stessa lingua (l’inglese? Le emoji?) E sarebbe risolto il problema; poi però ci si scontra con la pratica e, su vari fronti, casca il palco.
Internet: dalla teoria alla pratica
DISCLAIMER: questo capitolo contiene solo la mia voce; sono Elettrona, il “polo negativo” del blog, inclusive designer di professione.
Mi sono fatta illudere dal “mondo senza barriere” di Internet fino a che non ho sbattuto il muso contro una realtà a cui non ero preparata: siti web creati senza porre attenzione alle esigenze delle persone con disabilità, e anche molestie sessuali da parte di sconosciuti nelle chat quando parlavo della mia condizione di persona priva della vista e in merito a questo la situazione mi era pure sfuggita di mano perché mi creai un profilo falso, senza disabilità e di sesso maschile, per evadere da un ambiente difficile da gestire ma reagendo così ho fatto solo più casino.
Per non parlare poi dell’evoluzione: ai social network accedono persone vedenti, non vedenti, con disabilità motoria o altro ma spesso e volentieri le foto non vengono descritte, i video non hanno sottotitoli, ci sono odiatori pronti a insultare se hai una disabilità o a condividere post in cui tu sei oggetto dell’altrui compassione, stile “non mi condividerai perché sono down” come se la disabilità fosse una merce di scambio per ricattare psicologicamente qualcuno.
Nel 2020 poi è arrivato il lavoro da remoto. Con l’emergenza covid ho partecipato a un sacco di eventi e conferenze on line ma anche lì non avrei voluto parlare della disabilità, finalmente ero in grado di accedere esattamente come gli altri.
Invece no: fosse di lavoro o di svago, quando in una conferenza dicevano “condivido lo schermo, nelle slide potete vedere che…” Io dovevo sempre premere “alza la mano” e dire no, guardate che ci sono anch’io e non posso vedere. Con inclusi anche i siparietti tipo “accendi la luce”, “alza la luminosità”, ecc. Grazie!
Alla fine ho detto, almeno che l’illusione dell’Internet senza barriere possa vivere nel mio blog personale, cioè questo su cui sto scrivendo. C’è Alessandro “Gifter”, il polo positivo; lui è vedente però non ha alcuna conoscenza di web e non mette le mani sul sito, anzi, non gliele lascio proprio allungare.
Un paio di persone hanno iniziato a rompere le palle perché i post non avevano le immagini in evidenza… E allora a un certo punto ho installato un plugin che le crea in automatico per poi fare coming out sulla condizione mia di disabilità visiva e la positività HIV di Alex nella pagina cosa facciamo per mettere a tacere anche quelli secondo cui noi stavamo prendendoci gioco delle persone HIV positive senza vivere la condizione sulla nostra pelle. Ah no?
Un’altra illusione creata dal mondo dell’Internet contemporaneo è quella del grande pubblico: gente che si vanta di essere seguita da migliaia (o milioni) di persone, i grandi influencer che fanno i soldi sui numeri poi però succede che a interagire davvero fra loro, sono sempre gli stessi.
Questo è uno studio teorizzato da un antropologo di nome Robin Dunbar secondo il quale si possono avere relazioni significative con non più di 150 persone (numero di Dunbar), citato da Marco Lincetto nel video ma messo in dubbio da una ricerca svedese secondo la quale si possono stringere molte più amicizie e conoscenze, dipendentemente dal tempo e le energie investiti per coltivarle.
Onestamente facciamo fatica a dare per buono ogni studio o il suo contrario, limitandoci alla nostra cerchia di contatti sia io sia Gifter ne abbiamo molti meno. Siamo selettivi e ci va bene così, perché siamo i primi a non credere in un mondo senza conflitti.
Per carità, è auspicabile un ambiente in cui non si combatta con le armi però che non esistano mai divergenze tra persone sarebbe un concetto pericoloso, perché negare le diversità è una forzatura che porta a lungo andare ad accentuarle.
Modello John Lennon fallimentare
Il pianeta Terra è uno, sì, ma la geografia cambia da un luogo all’altro: mari, monti, deserti e ghiacci o zone temperate; perciò ogni civiltà si sviluppa adattandosi nel corpo e nella cultura alla località fisica in cui vive.
Dopodiché il bisogno di cibo, acqua e salute è universale, ma con le dovute differenze anche lì: paesi freddi cucina più pesante, paesi caldi cucina più leggera; lasciamo poi perdere i conflitti alimentari che già in Italia ci sono fra le regioni con chi prepara il Tiramisù in un modo e chi nell’altro, non osiamo pensare cosa ci sarà nel resto del mondo!
Figuriamoci come si può solo considerare di mettere in pratica l’utopia di Imagine, la canzone pacifista.
A sentire John Lennon dovremmo “vivere tutti in pace”, ma cosa vuol dire in realtà? Cosa significa pace?
L’assenza di conflitti armati è qualcosa a cui è giusto continuare a puntare, ma la “pace” in senso lato è un concetto relativo: se tizio si è fatto male a una caviglia e ha bisogno di accedere a un luogo raggiungibile a piedi, per lui “pace” è arrivare all’obiettivo senza intoppi; chiede aiuto a Caio che lo porti in macchina ma quest’ultimo è spanciato sul divano a guardarsi una serie tv.
L’esigenza di Tizio, a quel punto, confligge con quella di Caio e viceversa. Uno può rinunciare alla propria pace per tutelare quella dell’altro, ma dai uno dai due dai tre, alla fine il conflitto tra esigenze opposte rischia di acuirsi.
Canzone pacifista: la distopia del “tutti uguali”
Rispondiamo al testo di Imagine. “Immagina che non ci siano confini, proprietà, motivi per uccidere o morire”: pianeta senza differenze geografiche né regole di convivenza, persone che parlano la stessa lingua e si dividono ogni risorsa o bene materiale. Sarebbe un caos perché alla fine le esigenze di gruppi specifici sarebbero annullate, in favore di una collettività lasciata a se stessa.
Chi è a favore dell’utopia potrebbe dire: “sì, ma in un mondo dove sono tutti uguali, le esigenze di ognuno vengono rispettate a prescindere!”
Nulla di più sbagliato, perché il disegno di Imagine vorrebbe un mondo appiattito dove la propria (e altrui) unicità viene negata, in favore di un “bene comune” sul quale per un gruppo ristretto di pochi è semplicissimo prendere il potere sulla maggioranza delle persone e manipolarle a proprio piacimento.
Sulla falsariga del Mondo Positivo, proviamo a proiettare noi due blogger nella Terra di John Lennon. Naturalmente esageriamo i personaggi per rendere di più l’idea, facendo un po’ la caricatura di noi stessi proiettata al 2019 quando ci siamo conosciuti.
- Elettrona, donna, non vedente, etero e che ha appena lasciato il fidanzato dopo 10 anni di relazione.
- Gifter, uomo, gay, HIV positivo e in procinto di sposarsi con l’uomo di cui è fidanzato da tre anni.
- Siamo tutti uguali, le nostre diversità non contano, quindi Gifter dà per scontato che Elettrona sappia fare gli scalini. Non la avverte del gradino a scendere, lei vola.
- Siamo tutti uguali perciò nessuno prende farmaci; Gifter va a letto con mezzo mondo finché diventano ancora più uguali. Tutti HIV positivi. Così il Mondo Positivo diventa quello reale e viceversa!
- In pizzeria il menu in formato cartaceo viene messo davanti a uno e all’altro, ma non importa, le esigenze della persona non vedente sono uguali a quelle dell’altra allora facciamo due pizze margherite e chiuso il discorso. Poi chi se ne frega se a Elettrona il pomodoro non piace e Gifter voleva la pizza capricciosa maiala.
- Orientamento sessuale? Che cos’è? Gifter presenta il proprio fidanzato a Elettrona: trattasi del ragazzo che lei aveva lasciato giusto quattro mesi prima. “Sì, non sapevo come dirtelo cara, ma sto insieme a Gifter da molto prima che tu e io ci conoscessimo. Sei stata solo un diversivo e poi, ecco, se lui ha l’HIV gliel’ho dato io per suggellare la nostra unione.” Siamo tutti uguali per cui un bel vaffanculo ve lo pigliate entrambi.
- Elettrona vuole leggere un libro col suo Lida Player 2 e pretende che anche Gifter utilizzi lo stesso apparecchio; lui puntualizza che quel registratore vocale è parlante e non ha display, mentre la sua esigenza migliore sarebbe il libro cartaceo o al massimo sul tablet; Elettrona sbotta, perché le esigenze devono essere quelle di tutti e Gifter le lancia un tablet solo visivo senza alcun sistema di lettura ad alta voce.
- Festa di ferragosto: Elettrona ha le mestruazioni e Gifter vuole buttarla in piscina: “uomini e donne sono tutti uguali”, quindi, la prende per le braccia e la butta in acqua con le mutande e tutto.
Abbiamo ovviamente creato i personaggi facendo riferimento solo a eventi banali, questo però è ciò che potrebbe accadere in una situazione dove l’inclusione sociale si costruisce appianando le diversità. Facile dire che “la diversità è ricchezza” quando poi si cerca di negare i limiti; se ancora oggi “il concetto di “includere” è complesso, è perché si sta continuando a rinnegare se stessi.
Noi, istintivamente, siamo “razzisti” e “abilisti” di base: quando progettiamo qualcosa, tendiamo a pensare alle esigenze nostre e di chi è come noi. Perché in contesto “selvatico” l’animale con disabilità ad esempio soccombe. Allora per includere davvero, sarebbe il caso di partire da questa consapevolezza per imparare a gestire questa tendenza e convertirla in qualcosa di diverso: mi viene da escludere qualcuno, perché? Cosa posso fare per migliorare? Assimilare il concetto niente su di noi senza di noi già sarebbe un bel punto di partenza, molto meglio di una Imagine, spacciata per canzone pacifista ma che poi accontenta i potery fortissimy.
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