Mentre Maurizio e Undet, a Oziarium, sono alle prese con la domestica Raimonda, Adri a Bugliano è sempre più coinvolto dal piccolo Jonathan e i suoi segreti. Il bambino sembra avercela con il mare…
Maurizio Tarocchi 12: il mare, non sai?
Una breve telefonata di Maurizio, e Raimonda raggiunse l’abitazione in pochi minuti. Non aveva dimenticato il malore dell’ex commissario qualche settimana prima, quindi era corsa più veloce possibile immaginando il peggio.
Enorme fu la sorpresa quando invece se lo vide arrivare sorridente, accanto a Undet.
“La vedo in forma, Tarocchi”, gli disse abbracciandolo; “e noto che è in ottima compagnia.”
“Ci spiace averla chiamata così tardi, signora, ma abbiamo bisogno del Suo aiuto. A ogni modo piacere mio, sono Alessandro. Anzi, mi chiami pure Undet.”
“E anche tu chiamami Raimonda perché signora mi fa sentire vecchia! Ma se mi avete chiamato a quest’ora…”
Rivolse a Maurizio uno sguardo cupo: “non ditemi che mio figlio si è messo di nuovo nei guai?”
“Non lo sappiamo”, replicò l’ex commissario. “Se ti ha lasciato dei messaggi per me significa che vuole il mio aiuto.”
Raimonda osservò attenta i ritagli di giornale posati sul tavolo, e la lettera con la fotografia allegata che Undet aveva in mano.
“Ragazzo Ancora Giovane Ostaggio Nell’Edificio Senza Elettricità”, la domestica lesse ad alta voce la frase composta da ritagli di giornale e nastro adesivo; “mio figlio è maldestro ma non sa fare questi lavori… E se l’hanno rapito? Mi aiuti commissario! Io non so più cosa pensare.”
“Forse dobbiamo partire dai messaggi”, suggerì Undet; “il puzzle coi giornali secondo me è collegato all’altro.”
Maurizio prese tempo, lasciandosi andare a un sospiro profondo: “la situazione non si mette bene”, ammise malinconico; “e se tuo figlio fosse il rapitore?”
Pochi secondi di silenzio, poi Tarocchi iniziò a leggere ad alta voce la lettera che proprio la domestica gli aveva consegnato qualche giorno prima:
“Maurizio, mi hai creduto morto… Il vero morto è un uomo che si è sacrificato per me… Io ed Elias siamo legati, lui vive nelle mie cellule, mi vogliono levare il sangue…”
Osservando il volto del giovane in foto, l’ex commissario nascose le lacrime che iniziavano a scendergli dagli occhi ma non si perse d’animo e continuò a leggere:
“Sono scappato da Oziarium perché Elias mi ha chiesto di stare vicino alla sua famiglia. Ma per vendicare la morte del suo corpo, mi sono infilato in un giro criminale… Parla con la polizia… sono prigioniero… Tu per me sei come un padre… Leonardo Mussi, in origine Léon Moussa.”
Compreso il disagio del collega, Undet si avvicinò a lui e gli tolse di mano la lettera per far vedere a Raimonda la foto allegata. “Tu quindi non sai chi tuo figlio frequentasse? Leonardo? Elias? Hai qualche idea di chi siano queste persone?”
“Nulla conosco delle compagnie che ha Angelo in Toscana. Però quando mi chiama parla spesso di un tale Holmes, poi cambia discorso quando gli chiedo se sta leggendo i libri sul famoso investigatore.”
“E se invece fosse John Holmes?” ipotizzò Undet. “Un attore di film pornografici morto nel 1988, altro che detective!”
“Piuttosto di vederlo in galera meglio che vada con tante donne, lo dico sul serio anche se mi spiace per sua moglie, la povera Laura.”
“Già, povera Laura”, ripeté Maurizio con lo sguardo che andava dai ritagli di giornale alla fotografia del giovane Leonardo, allegata alla lettera. Fissò a lungo il collo tatuato di quel ragazzo che lo considerava come un padre. Laura e il segno di rischio biologico, ecco dove l’aveva visto; era quello che aveva il criminologo Adri appeso a un medaglione e il tatuaggio sul braccio dell’infermiera in ospedale il cui nome, guarda caso, era Laura.
“Hai ragione”, sorrise alla sua domestica; aveva compreso che due più due cominciava a fargli quattro. “Roger, insomma Angelo, non è stato rapito. Puoi stare tranquilla, fidati di me.”
“Cosa? Mi dite di non preoccuparmi quando hanno scritto coi ritagli di giornale e parlano di un ragazzo ostaggio da qualche parte? Sono giorni che mio figlio non telefona e ora mi trovo questa…”
Maurizio le posò una mano su una spalla per rassicurarla: lui e Undet avevano salutato Angelo prima di partire per Oziarium, dovevano solo tenerlo sotto torchio.
“E pure questo fatto che ha cambiato nome”, sbuffò Raimonda mentre usciva dalla porta; “cerchi di tenerlo d’occhio commissario, che non sia entrato in una setta!”
Jonathan, gioia mia
Appena la donna uscì, Tarocchi riprese a concentrarsi sul diario: quel volto di neonato ritratto al centro della copertina sembrava quasi voler chiedergli aiuto ma era Undet quello più turbato dall’immagine.
Immediatamente rivide se stesso molti anni prima, fermare l’auto nel parcheggio dell’ospedale in un giorno come tanti che gli cambiò la vita per sempre, quando si accorse di quel bimbo di pochi mesi lasciato al proprio destino da chissà chi.
“Vedi, assomiglia in modo inquietante al piccolo Simone, anche se qui è scritto Jonathan. Fosse veramente lui?”
“Non so che dirti, amico, per avere informazioni dovremmo contattare i servizi sociali e ci vorranno anni, a meno che…”
Maurizio tirò fuori dalla tasca la piccola chiave consegnatagli poco prima dal suo amico giornalista ed ebbe subito la meglio sulla serratura, che si aprì con un leggero click. In ogni pagina, le date scandivano la vita della povera Stefania Leotta conosciuta come Jenny, in tanti pensieri semplici di una ragazza ingenua, che in quel diario aveva trovato un compagno di vita con cui sfogarsi.
Non c’era data in cui lei rinunciasse a fare almeno una volta il nome di Jonathan, ma nulla era accennato a proposito dell’HIV, citava solo una strana malattia che l’aveva colpita duramente e la indeboliva giorno dopo giorno.
“Nulla di particolarmente interessante”, osservò l’ex commissario. “Sembra rivolta a un uomo innamorato, più che al suo bambino e penso di aver ragione, perché ovunque è scritto ‘Enrico sa’.”
“Fermo qui”, lo interruppe Undet, appoggiando il dito su una pagina specifica. “Guarda la data del 3 ottobre 2015!”
“Non ho una tua foto recente mio piccolo Jonathan”, scriveva Jenny, con una calligrafia molto meno nitida rispetto alle date precedenti. “Ma il tuo dolce visino di cucciolo quando piangevi tra le mie braccia, è un ricordo sempre vivo nel mio cuore. Ti voglio bene gioia mia, ora andrò via per un po’ ma un giorno ti riabbraccerò in questa vita o nell’altra, te lo prometto.”
Ormai Undet non riuscì più a trattenere il pianto, colpito come era dai sensi di colpa. “Avendo saputo che finiva così, mi sarei informato sulla madre invece di continuare per la mia strada lasciandolo alle infermiere; sarò anche stato un ottimo rianimatore, ma un pessimo poliziotto.”
“Inutile che ti rimproveri; ora possiamo solo tornare a Bugliano perché qui tengono tutti la bocca chiusa, e se il bambino è ancora vivo ogni minuto è tempo perso.”
“Pensavo a una cosa, però: se la storia del ragazzo nell’edificio senza corrente riguardasse il bimbo? Forse ci hanno dato una chance per salvarlo”
“Potrebbe essere, ma non c’è scritto dove, come, quando… Niente.”
“Senti Mauri, è inutile: portiamoci tutto il materiale a Bugliano e parliamone con Adri! Non vedo altra soluzione, dovrà anche dirci la data in cui Jenny è morta se vuole aiutarci a stringere il cerchio.”
Così la mattina seguente, appena arrivarono a Bugliano, Adri si presentò puntuale all’aeroporto.
22 luglio 2018. Il mare, non sai
“Finalmente sei tornato Gifter”, esclamò Roger correndo incontro a Adri che, appena sceso dall’auto, dava una mano a Maurizio e Undet con le valigie. “Il bambino è tutta la mattina che ti cerca, fa domande strane e noi non sappiamo cosa rispondergli.”
“In che senso? Tu e Vitale gli avrete preparato la colazione, spero; o aspettavate noi?”
“Ci abbiamo provato, Adri; ma lui fa delle richieste impossibili e rifiuta ogni cosa che tentiamo di offrirgli! Dai, entriamo e provate a parlargli voi!”
“Povero piccolo, stamattina presto non l’ho salutato prima di uscire. Avrà creduto che me ne fossi andato per sempre!”
“Adri, ci eri solo venuto a prendere in aeroporto! Ma di chi state parlando?”, chiese spaventato Undet. “Veramente c’è un minorenne in casa tua e non hai avvertito i nostri colleghi? E se fosse anche orfano? Posso anche tacere sulla faccenda dell’HIV, ma con questa ti sei messo nei guai, Adriano. Non scherzo.”
“Sì, detective. Sto ospitando e proteggendo un ragazzino, si chiama Jonathan. So perfettamente che avrei dovuto chiamare almeno un assistente sociale ma ho preferito ascoltare la mia coscienza.”
“Seguire la legge e fare la cosa giusta, troppo spesso si prendono a pugni!” Tarocchi rivolse un sorriso al profiler e si diresse verso l’entrata, consapevole di quella nuova complicità. Non aveva mai scordato la notte di molti anni prima quando, assieme a Lidia, era riuscito a salvare un bimbo tunisino da una situazione pericolosa che avrebbe potuto costare la vita al piccolo Léon Moussa.
“C’è poco da fare, ma davanti a un bambino solo al mondo ti si stringe il cuore e non ti biasimo perché tornassi indietro mi comporterei esattamente come allora!”
Quando gli amici raggiunsero la sala da pranzo, Jonathan se ne stava seduto a tavola apatico, intento solo a far girare il cucchiaino in un contenitore ancora pieno di budino al cioccolato ma senza alcuna intenzione di mangiare, neanche quando Adri lo salutò con una carezza.
“Eccoli qui, piccolo”, annunciò il profiler. “I due signori arrivati oggi, sono amici miei e di Roger.”
“Mangia però”, lo pregò Rocco Vitale; “o non ti piace la cioccolata?”
“No! Non voglio! Non sai il mare. Il mare insano!”
Maurizio si avvicinò al piccolo fingendo di volergli portar via il contenitore e quando si presentò, Jonathan gli restituì un timido quanto inaspettato sorriso.
“Ti conosco, sei Tarocchi il poliziotto dei libri! Il maestro Marco leggeva tante storie su di te. E il suo amico, lo zio Leo, ha detto che gli hai salvato la vita.”
“Lui è un ex poliziotto che ha attraversato il mare e il cielo per venire qui ad aiutarti!”
“Davvero, Roger? Il mare insano, non sai il mare!”
“Certo”, confermò Undet. “Vedrai che presto questa brutta storia finirà, ci faremo tutti un bel viaggio in aereo e andremo in un posto meraviglioso. Ma prima devi essere bravo e far colazione, ci siamo capiti?”
“Basta che poi non mi lascerete da solo come hanno fatto mamma e papà! E che invitiamo anche il mio amico Lollo.”
“Hai la mia parola d’onore”, lo incoraggiò Mauri facendogli una carezza su una guancia. “Però adesso raccontami chi sei, chi sono i tuoi amici…”
“Prima una domanda! L’asino rimane?” Chiese il bambino rivolgendo lo sguardo a Maurizio, Adri, e Undet. Ma fu Tarocchi l’unico a rispondere: “Cosa stai dicendo, piccolo, chi è l’asino? Cosa devo sapere del mare? Io abito al mare. Spiegami bene, da bravo.”
“Non sai! Non sai! Il mare non sai!”
“Jonathan mi dispiace ma non posso aiutarti”, rispose Adri, perplesso, a cui fece eco Undet: “Ma soprattutto cosa devo sapere? Cos’hai visto in mare?”
“L’asino in mare! Non sai… le armi… rimane l’asino!”
“Tutta la mattina che delira così”, disse seccato Rocco Vitale. “Io e Roger aspettavamo voi perché questo bambino ha bisogno di chi possa curarlo…”
“Non voglio andare via”, pianse Jonathan cercando lo sguardo del profiler. E accortosi del medaglione al suo collo, gli si sedette in braccio.
“Tu hai paura, piccolo”, Adri lo strinse a sé cercando di calmarlo. “Però se vuoi davvero che prendiamo chi ti fa del male, devi darci una mano a capire chi è! Raccontami del mare, dell’asino, delle armi.”
“Me l’hanno spiegato il maestro Marco e lo zio Leo”, il bambino parlò sottovoce al profiler. “Il mare, le armi. Il mare, le armi. Si chiamano anagrammi.”
Adri e Undet si guardarono l’un l’altro, incapaci di spiegarsi come quel bambino impaurito potesse avere una mente così brillante. “I giochi con le parole piacciono anche a noi, e quando finisci la colazione ne possiamo fare qualcuno. Vuoi?”
Ma il ragazzino ignorò il budino che aveva davanti, preferendo andarsi a nascondere nella stanza da letto dove aveva lasciato il suo zaino.
Adri stava per raggiungerlo e parlargli, quando in cucina il suo cellulare squillò segnalando una nuova notifica; accostata la porta della stanza perché il piccolo non sentisse, corse dagli amici e appena prese in mano il cellulare il profiler rimase sconvolto davanti a un articolo di giornale che lasciava pochi dubbi.
“Oziarium, 22 luglio 2018. Michela Lolli, 38 anni, rinvenuta senza vita nella propria abitazione. Era da anni attiva in un gruppo di donne isterectomizzate, con una campagna informativa sulla gestazione per altri. Lascia la madre Concetta, il padre Giuseppe e il compagno Fausto, noto giornalista qui in paese.”
“Com’è possibile”, esclamò Maurizio. “Siamo stati da lei solo ieri! E stava benissimo.”
“Non direi”, ribatté Adri facendo partire un messaggio vocale. Risaliva al giorno precedente e la voce di Lolli, disperata, raccomandava a un certo “caro” di seguire Dio perché “gli altri” stavano ficcando troppo il naso.
Roger porse agli amici le due buste trovate nel bambolotto della cassa in legno. Un test di gravidanza positivo e quello dell’HIV negativo. Ma, quando le aprì per farle vedere al criminologo, non si accorse immediatamente che una piccola scheda di memoria era caduta sul tavolo e solo la prontezza di Adri evitò che il piccolo archivio andasse perso.
“Dannazione”, sospirò Undet; “se qualcuno ha coinvolto Lolli in traffici illegali di esseri umani? In Italia la gestazione per altri non è legale.”
“Ecco cosa intendeva!”, lo sguardo di Maurizio si illuminò di colpo. “Chi ha il pane non ha i denti, chi ha i denti non ha il pane. Fosse stata davvero sterile, può esser lei ad aver rapito il figlio di Jenny!”
Adri esitò qualche secondo prima di parlare. “Il tuo discorso ha poco senso, Tarocchi: le donne che sequestrano i bambini per desiderio ossessivo di maternità non li abbandoneranno mai, anzi sono anche disposte a fuggire all’estero pur di non farsi trovare.”
“Starei attento a generalizzare perché talvolta, qualora si sentano braccate, arrivano anche a uccidersi insieme ai bambini!”
“Appunto, Maurizio. Invece questo è stato abbandonato davanti a un ospedale. Una rapitrice lo lascerebbe davanti a una chiesa!”
“Senti profiler, non ho idea se il test HIV negativo che abbiamo qui sia di Lolli. Ma se lo fosse, è ovvio come siano andate le cose. Chi ha i denti non ha il pane…”
“Ti stai arrampicando sugli specchi, grande commissario; davvero non capisco dove vuoi arrivare!”
“Invidia, Adri: se Lolli era negativa e sterile, Jenny aveva tutto, bambino e virus; Di conseguenza non potendo portarle via l’HIV, rapire il piccolo è stato l’unico modo per toglierle qualcosa e farla star male!”
Adri ci pensò un attimo, poi sfogliò le conversazioni sullo smartphone. “Ipotesi interessante, ma quella donna era il ritratto della sierofobia. Nemmeno ti faccio vedere le conversazioni esplicite in chat, di persona però aveva il terrore del virus.”
“No, un momento”, li interruppe Undet; “a noi ha raccontato che ad aver paura dell’infezione era la sua amica!”
“Cosa?” Adri quasi si mise a ridere. “Stai scherzando? Jenny era indecisa la prima settimana ma poi stavo più a Oziarium che a Bugliano, e solo per lei. Fino al risultato positivo.”
“Capisco, ma dimmi di Lolli: chat esplicite in che senso?”
“Va bene, se proprio volete…” Adri proiettò dal telefono allo schermo del computer le conversazioni con Michela Lolli, una serie di chat e fotografie che lasciavano poco spazio all’immaginazione e Rocco Vitale uscì imbarazzato dalla stanza, seguito subito dopo da Roger. Maurizio nel frattempo teneva fra le dita la scheda di memoria trovata nella busta del test di gravidanza, senza sapere cosa farsene.
“Michela era così: sfogava su Internet quello che non riusciva a concretizzare dal vivo, allora ho cercato di aiutarla a sbloccarsi.”
“Una specie di educazione sessuale in chat?”
“Quasi, Maurizio: ho assunto per sei mesi i farmaci inibitori del virus, poi ci siamo incontrati qui a Bugliano.”
“Che vuoi dire, scusa? Non era sufficiente un preservativo?”
“Con Lolli ho usato una strategia più efficace a lungo termine: i farmaci inibitori diminuiscono la quantità di virus nel sangue bloccando la trasmissione, per darti l’idea è come sparare con una pistola caricata a salve.”
“Anch’io sono così, infatti mi chiamano Undet, da Undetectable. Non rilevabile, non trasmissibile. Fiero di esserlo!”
“Sembra che voi due facciate a gara di chi ce l’ha più lungo. Ma toglimi una curiosità Adriano, quella ragazza sapeva che tu non potevi trasmettere?”
“Ovviamente, è stato l’unico modo per farle superare la sierofobia e siamo andati avanti così finché a un certo punto mi ha chiesto il virus reale, ma io non avevo alcuna intenzione di darglielo.”
Complice il segnale di batteria scarica sullo smartphone, il profiler si trovò suo malgrado a rivivere la scena di molto tempo prima: centinaia di notifiche incessanti gli avevano stravolto la quotidianità, fino a quando si era visto costretto ad assecondare l’insistenza della stalker.
“Lolli si comportava come se il virus le fosse dovuto, allora un giorno falsificai le analisi e le feci credere di essere altamente virale, quando invece assumevo gli inibitori a pieno regime.”
“Allora vedi che ho ragione?”, lo incalzò Tarocchi. “Tu l’hai ingannata e lei ha portato via il figlio a Jenny ed Elias per vendicarsi di voi.”
“Secondo me ci stiamo complicando la vita”, disse Undet avvicinando il diario ai colleghi. “Vi rendete conto che abbiamo la soluzione a portata di mano? Il nome del bambino sulla copertina è Jonathan, e come si chiama il ragazzino che hai accolto, profiler?”
“Jonathan! Certo, ma quante sono le probabilità che sia proprio lui? Sostiene di avere tre nomi: Jonathan, Simone, Eugenio.”
I tesori dello zaino
“Mi avete chiamato?” Urlò il bambino, correndo verso gli amici con un libro sotto il braccio e un piccolo dispositivo elettronico nell’altra mano.
Jonathan posò il libro e il dispositivo sul tavolo, e Adri gli sorrise tenero: “piccolo pestifero, cosa fai, rovisti nella mia stanza?”
“Questo è il libro del maestro Marco! E ti ha anche firmato la copertina!”
“Anagrammi per tutti”, lesse Undet, ad alta voce. “Forse ci può essere utile, che dici profiler?”
“Certo, è la mia passione quel libro e mi fa piacere che il piccolo terremoto sia così curioso.”
“Mi piace giocare con le parole, ma i nonni dicevano che scritti in quelle pagine c’erano i messaggi del diavolo e hanno bruciato la mia copia, il regalo del maestro.”
Incredulo, Adri osservò il piccolo oggetto rettangolare che il bambino aveva posato accanto al libro: era un lettore musicale con tre pulsanti e una rotellina che coprivano la parte superiore, e sul lato destro si trovava l’uscita delle cuffie accanto a una piccola fessura: un alloggiamento per piccole schede di memoria! Si rigirò fra le mani quell’oggetto come se avesse trovato un prezioso reperto sepolto dalla notte dei tempi e non fece caso a Rocco Vitale che, smartphone in mano, era rientrato e continuava a muoversi avanti e indietro per la stanza mordendosi le labbra.
“Jonathan, dove hai trovato questo?”
“Il lettore? Me l’ha dato zio Leo, ha detto che era di mamma e l’ho nascosto nello zaino quando sono scappato perché non lo trovasse nonno.”
“Bravo il mio ragazzino, tu … Sei davvero un bambino eccezionale!”
“No, Adri, io ho solo fatto una promessa a zio Leo e a Marco. Però ho paura di aver rotto il lettore perché non si accende!”
“Sarà scarico”, lo tranquillizzò Undet. “La nostra scheda di memoria ci sta perfetta! Prova a vedere se riesci a caricarlo, profiler.”
“Abbiamo anche fortuna, questo affare si collega con un cavo micro USB e a casa mia ce ne sono in abbondanza! Pensare che ne stavo per buttare via un po’…”
Non ci volle molto per collegare il riproduttore al computer, ma l’apparecchio rimase spento, tale e quale a prima. Deluso, il bambino fece per andarsi a sedere sul divano e Undet, concentrato sulla lettura del diario di Jenny, gli prese una mano attirandolo a sé.
“Sentivo di fare la cosa giusta”, lesse ad alta voce il detective. “Quando invitai zia Lolli. Mia migliore amica da sempre, volevo fosse un riferimento anche per te, piccolo mio. Avevi poche settimane e lei ti cullava, come una seconda mamma.”
“Straziante”, commentò Maurizio. “Terribile fidarsi delle persone sbagliate.”
“…Non ti ho più visto amore mio”, continuò a leggere Undet. “Ma spero di cuore tu possa crescere tra le braccia del poliziotto eroe che ti ha salvato la vita. Quanto vorrei sapere il suo nome!”
Fu allora che Undet non riuscì più a trattenere le lacrime: sulla pagina successiva del diario era incollata la copia stampata di una mail, indirizzata al Comune di Bugliano, dove Stefania “Jenny” Leotta di Oziarium chiedeva informazioni dopo aver appreso dai social network che un bimbo di pochi mesi abbandonato fuori dall’ospedale, troppo somigliante a suo figlio, era stato salvato da un agente di polizia.
“Mi sento davvero in colpa adesso”, sospirò il detective. “Quando ho rianimato quel bambino e l’ho portato dentro, ho dato le mie generalità ai medici ma non ho più voluto avere notizie. Non volevo essere un fenomeno, fai del bene e scordatelo, questo mi hanno insegnato.”
“Fossi in te non sarei qui a flagellarmi tanto”, gli rispose Adri. “Gli hai salvato la vita e adesso guarda che bel ragazzino sta crescendo.”
“Ho capito io, ma chissà: mi fossi interessato, forse avrei potuto salvare anche sua madre!”
“Tu sei un eroe lo stesso”, gli disse Jonathan. “Perché insieme al tuo amico sei venuto qui volando!”
“Siamo venuti con l’aereo, mica volando da soli!” Gli sorrise Tarocchi. “Ma hai visto? Su quel diario è scritto che la mamma ti voleva bene.”
“Non la ho mai conosciuta. Sono stato sempre coi nonni cattivi e la zia Lolli.”
“Certo”, mentì Undet. “La zia mi ha raccontato tante belle cose sulla mamma e su di te!”
“Sai, Lolli era cattivissima e mi dava tante punizioni, veniva sempre a casa quando la nonna beveva tanto vino. Poi stavo sempre male ogni volta che mangiavo qualcosa cucinato dalla zia, e nessuno mi ha portato mai dal dottore.”
“Figuriamoci!” Intervenne Rocco Vitale, senza smettere di digitare misteriosi messaggi sul telefono e lanciando occhiatacce a Roger, entrato da poco in casa senza finire la sigaretta. “Se faceva capricci dalla nonna come li ha fatti con noi, chiunque lo segua perde la pazienza!”
Lascia un commento