Quanta violenza si può nascondere dietro a una risata? Subirla, ma anche sentirsi chiedere di farla. “E fattela una risata” non è mai un modo per indurre una persona giù di morale, a vivere con più serenità.
Politicamente corretto, barzellette e stereotipi
Abbiamo già affrontato il tema delle barzellette e relativi luoghi comuni parlando di burle originali dopo il pesce d’aprile 2023 quindi non ci ripetiamo più di tanto.
Vogliamo solo puntualizzare che non ci piacerebbe vivere in un mondo dove le uniche barzellette accettabili siano quelle con doppi sensi e giochi banali tipo “il colmo per un pizzaiolo? Una moglie capricciosa di nome Margherita” oppure quelle su Pierino e il suo essere impacciato in ogni situazione.
Il compito della barzelletta è, di per sé, ridere della società e relativi stereotipi quindi esagerare con gli stessi è una caratteristica da cui non prescindere; tuttavia è da tener presente il tono.
La stessa barzelletta, a seconda di come la racconti, può fare il verso a chi subisce lo stereotipo o a chi lo alimenta. Comprese quelle sulle forze dell’ordine, i medici o i politici.
Certo è che, a titolo puramente esemplificativo, sarebbe fuori luogo raccontare una barzelletta sui carabinieri il giorno in cui si ricorda la strage di Nassiriya (Iraq, 12 novembre 2003) in cui ne sono morti 12.
L’era dei meme
Fotomontaggi surreali accompagnati da testi più o meno ridicoli, o stupidi, che girano in continuazione sui social network. Indubbiamente ce ne sono di simpatici ma nella collezione non mancano quelli pessimi che, probabilmente, fanno ridere solo l’imbecille che li crea e i cretini uguali a lui.
Scene con Bocelli che fa un cubo di Rubik scombinando i colori e con la scritta “l’ho finito”, lettini vuoti inquadrati dai piedi e la scritta “Alex Zanardi al mare” son alcuni degli esempi più stupidi ma probabilmente in giro ce ne sono di molto più pesanti.
Sentiamo già gli odiatori che sbraitano: “ma allora, voi vi definite sito satirico e poi non state all’ironia? Ma fatevi una risata!”
Niente risata verso questi soggetti poiché esiste una differenza sostanziale tra ridere DI noi e ridere CON noi.
Se le persone non vedenti possono accedere ai contenuti testuali e audio, non possono usufruire delle immagini per cui fare una vignetta che prende in giro Bocelli significa ridere alle spalle di chi, non potendo vivere l’eventuale scherzo in prima persona, neanche può rispondere a tono. Una risata cattiva organizzata fra vedenti che, a questo punto, possono anche dire alla persona priva della vista, che stanno divertendosi per altre ragioni; tutto vero salvo prova contraria, che ti mancherà sempre se non vedi il meme.
Opporsi al cosiddetto “buonismo” non significa diventare stronzi, sia chiaro. E questo tipo di comportamenti in rete, è da stronzi. Vi piaccia o meno.
Si può anzi si deve resistere contro la deriva del buonismo, o pietismo chiamiamolo pure come vogliamo; quel sentimento di falsa empatia per cui a una persona con disabilità, straniero, donna, gay… si lascia passare anche uno sbaglio o si accettano dei contenuti di qualità discutibile per paura di subire le persecuzioni dei giustizieri da tastiera.
Inoltre bisogna darci un taglio con tutte quelle pagine e siti dove si raccontano storie strappa lacrime di bambini, disabili, animali, e sono nate per raccogliere denaro anche pubblicando foto di minorenni, scelta contraria a qualunque norma basilare di sicurezza informatica. Però ce ne passa davvero, da qui a giustificare ogni cattiveria contro le persone “più deboli” con la scusa della lotta al “politicamente corretto”.
La posta del culo: e fattela una risata!
Dai, su, e fattela una risata! Non è propriamente un messaggio arrivatoci dagli odiatori ma una frase che in diverse circostanze ci siamo sentiti rivolgere.
Tipo il tale che ha detto “sei sieropositivo? E io che ti ho dato la mano, mi taglierei il braccio fino alla spalla…” Se lo fai lanciaglielo ai maiali che magari sono gli unici a goderci, stronzo. “Stavo scherzando!” Non ci sta proprio. Stavi comportandoti da sierofobico di merda.
“Abbi pazienza ma preferirei camminarti a fianco, non davanti! Non si sa mai.” O altre battute infelici sull’omosessualità. Di andare a quel paese nessuno te l’ha detto?
I vari Pio e Amedeo o altri autoproclamati comici che ridono usando parole scurrili su disabilità, colore della pelle o orientamento sessuale. Perché obbligarci a ridere su cose che ci fanno star male?
Troppo difficile da capire che lo scherno non è lo scherzo, e nessuno ha il diritto di imporre una battuta perché a lui fa ridere?
Neanche noi, infatti lo diciamo spesso: qualora il nostro modo di fare satira non vi piaccia , nessuno vi obbliga a leggerci; siete liberi di esprimervi in tal senso, certo, ma altrettanto noi lo siamo di indirizzarvi su blog o pagine più compatibili al vostro pensiero. Con le buone o meno a seconda del tono che usate nei nostri confronti.
Mai però, di fronte a una manifestazione di dissenso, risponderemmo con: “e fattela una risata!”
Esistono persone per le quali lo stigma è anche in famiglia, che si sentono in colpa e si vergognano di vivere con HIV, addirittura chi non riesce ad avere più rapporti sessuali dopo aver ricevuto la notizia e a queste persone le nostre storie danno fastidio. Lo sappiamo.
Allora più che dire “ci dispiace per come la stai vivendo” cosa possiamo fare? Noi alleggeriamo il tema attraverso il virus parlante e i suoi umani, senza alcuna pretesa di piacere a tutti.
“Fattela una risata” è un modo per pestare i piedi al prossimo fingendo di indurlo a divertirsi con noi, e non è il nostro stile perché è una frase violenta anche se non sembra.
Lascia un commento