Non siamo impazziti, abbiamo cambiato culo con guru per colpa dei cosiddetti motivatori che invadono ogni social network, blog, programma televisivo e perfino i servizi di audiolibri.
Non c’è piattaforma dove manchi la figura del personaggio carismatico in grado di indirizzarti a un benessere fisico e mentale migliore, ma un portafoglio vuoto. I guru, insomma, quelli di “andrà tutto bene” poi ti fanno sentire in colpa se sei triste.
Rispetto per le professioni
A scanso di equivoci: non tutte le persone che lavorano nell’ambito del benessere sono dei guru. Noi per primi abbiamo avuto contatti con psicologi, counselor, anche una coach – almeno lei così si definisce – che si occupa principalmente del mondo professionale. Invece, qui, stiamo parlando di altre figure improvvisate.
La positività tossica
Vivere positivo, pensare positivo, non è uno slogan ricavato dalle nostre storie di fantasia anzi parliamo della continua ambizione a stare sempre sorridenti anche quando si è di cattivo umore: la ricerca del successo a ogni costo, che finisce per disumanizzarci.
Siamo circondati quotidianamente da personaggi più o meno famosi che raccontano la visibilità e la gloria dopo aver vissuto un’infanzia difficile, o quelli che si sono tirati su in piedi dopo un fallimento dietro l’altro, come per dire che obbligatoriamente le vicende dolorose debbano avere un lato positivo. Sfruttabile e vendibile, ovvio.
E se ti azzardi ad affermare che “sì è vero sto bene sono felice ma onestamente se questo non fosse accaduto sarebbe molto meglio”, c’è sempre chi ti accusa di non aver accettato la tua condizione a sufficienza.
Questa si chiama positività tossica e, ormai, sta invadendo non solo i profili social network ma la vita di tutti i giorni, con o senza media, ne siamo tanto pieni quanto assuefatti.
La salute mentale non è il nostro campo quindi non mettiamo lingua in merito, ci fidiamo dei dati pubblicati dalle riviste scientifiche dove si documentano disturbi di ansia e depressione sempre più frequenti; eppure nessuno fa veramente abbastanza per ridimensionare questi sogni irraggiungibili e perfezione ostentata nei profili social delle coppiette famose o mediocri, ne risulta un senso di inadeguatezza pazzesco a cui le persone più fragili faticano a reggere.
Figurarsi, anche in informatica ha preso piede la positività tossica: entrambi veniamo da una generazione in cui i computer ci sbattevano in faccia i messaggi di errore:
- file non trovato
- cartella, sito web, indirizzo, non raggiungibile
- returned mail: unknown sender – mail tornata indietro, mittente sconosciuto. o addirittura “questo indirizzo e-mail non esiste”.
Potremmo andare avanti anni a scriverci libri, fatto sta che ogni errore aveva la sua spiegazione e se proprio non eri un imbranato capivi dove sbagliavi. Dopo, sì, c’erano anche i messaggi di errore sconosciuto ma col tempo e l’esperienza abbiamo imparato il più delle volte a domarli.
Oggi, al contrario, la tendenza è quella di dire “no” il meno possibile – anche ai figli, e poi si vedono i risultati! Allora il computer piuttosto di fornirci un messaggio negativo, ci dà quello sbagliato in una falsa parvenza di relazione gentile fra macchina e uomo, un rapporto che a nostro avviso non dovrebbe mai essere equiparato.
Quando parliamo di “risultati sbagliati” intendiamo errori clamorosi: su YouTube cerchi un video e se non trova quello che ti interessa, ti manda su contenuti per lui simili malgrado siano, in pratica, diametralmente opposti; scrivere “testimonianze gay” e trovarsi come primo link quello di tale Luca sulle sedicenti “terapie riparative” che farebbero tornare, anzi DIVENTARE, etero? Ma ti pare serio? Questo canale ha palesemente pagato di più per guidare l’algoritmo, discorso da approfondire in altra sede.
Per completezza di informazione non abbiamo scelto l’esempio delle terapie “riparative” sugli omosessuali a caso, poiché riteniamo la forzatura a “vivere positivo” che certi sedicenti motivatori propongono, come una specie di terapia riparativa: mi stai forzando a essere ciò che non voglio o non sono in grado di essere, non sarà violenza fisica ma lo è a livello psicologico.
Scusandoci per la brutalità, ci chiediamo: qualcuno accetterebbe mai un motivatore che imponga a un cieco di appaiare i calzini per colore? “Gli occhi non ti funzionano perché non vuoi farli funzionare. Pensa al sole, ai colori, all’arcobaleno…”
Come minimo a uno così si direbbe bullo, matto, criminale. Allora perché si accetta se lo stesso individuo dice “pensa positivo” a una persona depressa? Perché illudere le persone che eventuali limiti o “differenze” possano sparire anziché insegnare a conviverci?
Reprimere le emozioni negative significa negare parte di se stessi e il rischio è che poi esplodano tutte in un colpo, scaricate in massa sui social e nei casi estremi anche nella vita reale.
Altro paradosso di falsa positività informatica è un sistema di intelligenza artificiale programmato come ausilio per le persone con disabilità visiva che descrive le immagini. Non potendo estrapolare le foto da Facebook per scelte del social, le prime versioni del software inviavano la descrizione di un’altra immagine presa a caso dal dispositivo dell’utente, o da chissà dove e solo l’insistenza dei tester ha fatto sì che, al rilascio pubblico, l’app fornisse un bel messaggio di errore se si provava a farle descrivere un’immagine direttamente da Facebook, senza salvarla fisicamente sul dispositivo.
Ci manca solo che i computer non diano più messaggi di errori, e ci perdiamo!
Un approfondimento sulla falsa positività, più dettagliato e con documentazione, è presente sul sito The Vision.
Cancro e ottimismo
Qual è una condizione emotivamente più spaventosa per la maggioranza delle persone? Certo ce ne sono tante ma il tumore, anzi il cancro, è quella che terrorizza di più.
Non importa se “tumore” e “cancro” vengono usati come sinonimi però tecnicamente sono due concetti diversi:
- tumore: proliferazione cellulare anomala localizzata nella sede di origine che potrebbe espandersi, ma non è certo che accada.
- cancro: forma tumorale che SICURAMENTE crea metastasi (ovvero si espande in altre sedi).
A proposito di cancro, uno di noi ha conosciuto un ragazzo che è morto nel 2019, Leonardo Cenci, aveva un adenocarcinoma polmonare dal 2012 e gli prospettavano pochi mesi di vita, poi diventati 7 anni compresa la partecipazione alla maratona di New York.
Leo era, anzi è, un amico. Uno che ha lottato e ce l’ha messa tutta, nulla ha a che fare coi guru motivatori anche se è possibile che qualcuno lo consideri come tale; è una persona che ha avuto la fortuna e il carattere ad avergli permesso di convivere con una malattia così complessa e regalarci molte testimonianze su cui riflettere.
Sul video qui sopra, Leonardo sapeva benissimo che di lì a poco se ne sarebbe andato, è deceduto la mattina del 30 gennaio 2019.
Va detto che lui non è l’unico ad aver lasciato testimonianze in rete sulla sua vita col cancro, ne esistono diversi altri come Paolo, detto Wolly che a suo tempo abbiamo salutato ma non facciamo ulteriori nomi per rispetto di persone con le quali abbiamo perso i contatti e non abbiamo più avuto notizie.
Guru motivatori e tumore
Conoscendo Leonardo e altre persone veramente malate di cancro, non potevamo restare indifferenti a un video arrivato da un social network in cui una persona diceva:
“Mi hanno detto di avere un tumore! Però, sorridevo! Mia madre non ci credeva, la mia compagna non ci credeva, perché sorridevo! Mi sono detto OK, hai un mese di vita? Allora impegnati a fare tutto quello che non hai fatto, a goderti la vita come non hai mai fatto prima! E anche voi, impegnatevi come se aveste un mese di vita… Ah, e comunque la diagnosi era sbagliata.”
Ma vaffanculo ragazzo, chi ti credi di essere? Prendi in giro le persone che hanno davvero lottato contro una malattia incurabile, quanti sputi in faccia dai a uno come Leonardo!
Quanto sono insopportabili questi motivatori del cazzo che ti dicono “fai come se avessi un mese di vita”; ma porca miseria, quando non vivi una simile situazione il motivatore può darti tutti gli esempi che vuole ma non ci riuscirai mai: resterà sempre un “cogli l’attimo” simulato, la solita viscida positività tossica. Una “selezione naturale” non violenta che fa emergere chi la pensa in un certo modo, e umilia gli altri.
Noi, motivatori? Anche no
Non ci piace la narrazione sulle persone malate o con disabilità raccontate come fossero degli eroi, stile “la vita è una figata” quel programma che avevano fatto condurre alla campionessa paralimpica Beatrice “Bebe” Vio perché sono tutte delle maschere finalizzate a disumanizzarti: se un tempo venivi trattato come un miserabile, al giorno d’oggi come un eroe. E la via di mezzo? Trattarci come esseri umani per esempio?
Noi più volte ci sentiamo dire: “sei simpatico, sorridi e scherzi troppo, non puoi avere l’HIV.” “Se sei cieca come fai a leggere e scrivere senza errori?” Dovremmo aggiornare settimanalmente il post Domande fastidiose in ordine casuale ma se lo facessimo finirebbe il tempo da dedicare al resto – non del blog, della vita.
Però abbiamo anche gli imbecilli dalla parte opposta: “voi siete un esempio di resilienza potentissimo, la storia del vostro blog potrebbe essere di ispirazione per tutti”, “Alessandro-Gifter tu hai reagito all’HIV buttandoti a capofitto sulla musica perché in realtà sei una persona piena di gioia” sì, certo, come no: in quei momenti non ragioni e ti rifugi nell’unico posto in cui ti senti al sicuro stile copertina di Linux, no, di Linus.
Ciò che la gente non capirà mai è quanto difficile sia stato arrivare dove siamo, con questa consapevolezza che ha permesso la creazione del blog: prima e dopo che i video di YouTube sull’HIV e il true crime ci facessero incontrare abbiamo ognuno singolarmente svolto un percorso di vita a suo modo complesso, anche la nascita della nostra amicizia non è stata una passeggiata e pareva una missione impossibile.
E ora che abbiamo sia l’amicizia sia il blog avviati? Ancora è tutto in divenire perché ogni obiettivo raggiunto, va mantenuto e ci siamo ripromessi di non forzare mai la mano quando ci sentiamo negativi. Anche a costo di arrabbiarci stando senza sentirci per giorni o settimane, non cade il mondo.
Ma non abbiamo alcuna intenzione di svolgere il ruolo di motivatori o guru per qualcuno, anzi, se proprio vogliamo dire la verità così nuda e cruda fino in fondo? L’invenzione del Mondo Positivo oltre alla discriminazione contro le persone con HIV, combatte anche la positività tossica facendole il verso.
A Bugliano, se sei negativo, è colpa tua perché sei antipatico e nessun positivo è disposto ad aggiornarti. Quindi approfitta per scaricare la negatività nel mondo reale senza nasconderla, poi ne riparliamo.
Lascia un commento