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Quando un blog inizia a essere notato dai motori di ricerca, è normale che qualcuno arrivi a chiedere un’intervista; è un bene per chi la fa, e per chi la riceve. Ma vanno rispettate le condizioni da entrambe le parti.
Un fulmine a ciel sereno
Durante i primi anni di attività sul blog, una persona ha contattato la nostra pagina Facebook quando ancora avevamo attiva la messaggistica privata.
“Richiesta di intervista per blog personale” e la prima nostra reazione è stata: perché no? Fra amanti del blogging più o meno esperti, in qualche modo ci si aiuta. Non escludiamo l’eventualità di creare un’intervista anche noi a te e poi pubblicarla.
Un giro di mail, botta e risposta, poi abbiamo cortesemente messo le mani avanti: invia le domande a questo indirizzo, dopodiché insieme valuteremo se e come rispondere; fino a nostra comunicazione però, non programmare alcun articolo. Grazie.
Le domande
E finalmente le domande per l’intervista sono arrivate, non le pubblichiamo perché Senza formale autorizzazione, mettere in piazza materiale inviato privatamente fra un soggetto e l’altro è una grave mancanza di rispetto oltre che un reato ma ci teniamo comunque a riassumerne il succo.
Come vi siete conosciuti: questo è il minimo sindacabile per un’intervista, come puoi presentarti a un altro blogger senza una breve storia personale?
Abitate vicini o lontani? Vi vedete di persona? Ecco, già qui iniziamo ad alzare il muro: la nostra vita privata è affar nostro, perché per la finalità di questo sito web non è così rilevante stare faccia a faccia.
Come avete affrontato i reciproci problemi? Il fatto di essere una persona cieca HIV negativa e una vedente HIV positiva non è qualcosa che abbiamo nascosto; ma se nella vita reale ne parliamo apertamente, in questo specifico ambiente avremmo voluto non farne menzione.
A parte la questione immagini che praticamente non esistono, non avremmo motivo di mettere in piazza la condizione sensoriale di chi ha per primo ideato questi racconti, anche se la positività all’HIV dell’altro autore rimane comunque un fattore determinante perché questi vive lo stigma sulla propria pelle.
Come una persona priva della vista affronta l’HIV e viceversa: questa avrebbe potuto anche essere una domanda interessante per raccontare come stereotipi e stigma facciano male a chiunque, per qualunque condizione si viva direttamente o meno.
Però rimane uguale il discorso: noi non siamo un bastone bianco e un virus con le gambe, siamo due autori amatoriali e se si vuole dedicare un intero capitolo a disabilità e malattie varie, anche no. Non ci facciamo compatire in reale né sull’Internet.
Com’è l’amicizia tra un omosessuale e un etero? E qui se possibile si cala ancora più giù: come vuoi che sia? Spoiler: non ci siamo mai posti il problema perché ci siamo sempre portati rispetto.
Abbiamo evitato di rispondere atono, ma ce l’avevamo pronta: “un uomo e un cane stringono amicizie profondissime, allora perché due umani non dovrebbero?”
Vi siete mai innamorati uno dell’altro? Forse l’invenzione del legame basato sull’HIV tra i vostri personaggi è un modo per sopperire a un amore non corrisposto che vi fa soffrire?
In privato non te l’abbiamo detto per educazione ma nel nostro spazio ce lo permettiamo e come: vai a cagare!
Defecare fa bene alla salute, è garantito. Noi non abbiamo assolutamente nulla da dichiarare in merito perché se pensi che dietro ad alcune storie di fantasia ci sia un nostro sogno o mancanza, la prima persona a soffrire un bisogno represso sei tu.
La scrittura è qualcosa che può aiutare a superare un dolore in determinate circostanze, questo non si discute; ma l’eventuale amore non corrisposto NON è il nostro caso, quindi per ogni necessità il bagno è in fondo a destra. E mi raccomando, tira lo sciacquone quando finisci!
Spegni la luce e abbi cura di lasciare aperto che circoli aria. Le feci puzzano, per tutti. Grazie.
La replica
Per quanto diretti e a volte maleducati possiamo mostrarci in casa nostra verso persone o situazioni non gradite, quando ci relazioniamo col pubblico la cortesia è un obbligo e anche in questo caso non ce la siamo fatti mancare, rispondendo con un “no, grazie, ma a questo tipo di narrazione non siamo interessati.”
E la replica non si è fatta attendere: secondo il presunto intervistatore, quella “strappalacrime” è la narrazione più amata e cliccata sui social network di conseguenza adeguarci “per una volta” a sostenerla, avrebbe portato beneficio anche a noi qualora l’intervista fosse diventata virale.
Appunto, QUALORA, perché non è assolutamente detto!
Tale narrazione va bene se l’intervistatore desidera visibilità a ogni costo, noi invece vorremmo che i lettori si affezionassero ai nostri personaggi più che a noi, e questa è una sfida superabile solo mettendosi in gioco quotidianamente per migliorarci senza cedere alle facili lusinghe dell’effimero mondo social.
Troppo semplice e comodo indignare, commuovere, o far ridere con storie emotivamente coinvolgenti; ma come le nostre reali esistenze, nulla ci è stato regalato ed è una soddisfazione ogni qual volta una persona ci apprezza. Pochi, ma buoni.
Concordiamo in parte col discorso sull’adeguarsi; non sempre ci si può presentare come si vuole, però se per esempio uno sportivo che si veste elegante a un matrimonio si può sentire a disagio ma finita la festa chiusa parentesi, piegarsi alla narrativa tossica per soddisfare l’ego di uno sconosciuto potrebbe danneggiare la nostra reputazione per sempre. La rete non dimentica e quello che di te oggi piace, domani ti si potrebbe ritorcere contro.
Non ci sarebbe costato granché inventarci una storia, avremmo solo mandato in giro una delle tante nostre creazioni; ci sarebbe stato pure il titolo: “una storia virale” e di sicuro avrebbe fatto presa descrivere il sieropositivo gay che incontra la cieca etero negativa e finisce per innamorarsene ricambiato, con tanto di lei che dice “sei la luce dei miei occhi” e lui “sei la mia medicina” il tutto corredato da cuoricini e proposta di matrimonio incorporata, fiori abbracci lacrime ricchi premi e cotillon. E qualora fosse, una storia del genere sarebbe a pagamento, tipo 5 centesimi di euro a parola (cercheremmo di farla più lunga possibile, in tal caso).
Però non è questo il nostro stile, vogliamo rimanere noi stessi pur consapevoli di essere sconosciuti al mondo intero. Pazienza. Ma se ci intervista qualcuno, o accetta le nostre condizioni o arrivederci. Patti chiari, amicizia lunga.
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