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Maurizio Tarocchi 09: contrattempo

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Per seguire l’indagine sui bambini morti e la scomparsa di Elias, la squadra si è divisa con Maurizio che parte per Oziarium e Adri resta a Bugliano con Rocco Vitale e Roger.

Ma dopo aver accompagnato Tarocchi e Undet all’aeroporto, il profiler ha un contrattempo che sta per mettere in pericolo la sua sicurezza, informatica e non solo…


Maurizio Tarocchi 09: contrattempo

Tutto era pronto per la partenza: lasciando malvolentieri Roger da solo con Rocco Vitale, Adri si rassegnò ad accompagnare i suoi colleghi in aeroporto malgrado il caldo torrido di luglio fosse un disagio per tutti; già troppe vittime erano ancora senza colpevole e occorreva muoversi in fretta per evitare altro dolore e morte. Questione di principio ormai, soprattutto per quel bambino salvato da Undet, ora finito chissà in quali mani.

Quella del piccolo Simone era una vicenda che seppure accaduta nel passato aveva segnato il giovane agente nel profondo ma, davanti allo sguardo interrogativo dell’amico profiler, Undet giustificò la preoccupazione con la prima scusa plausibile.

“Immagino che dovremo stare via per giorni! Adri per favore, faccio un salto a casa qualche minuto così mi prendo una borsa! Giusto la biancheria di ricambio e poi…”

“Bastano mutande e calzini”, lo interruppe Maurizio; “siamo già parecchio in ritardo per l’ultimo aereo. Casomai ti presto io qualcosa da vestire quando arriviamo da me!”

Undet scosse la testa e quando aprì il marsupio che portava legato in vita, Adri gli rivolse una risatina maliziosa:

“Vedi Maurizio, questo è il mio fratello virale. Mai una volta che si prenda una pausa dalle medicine lasciando fare una vacanza a quel povero HIV! Voi andate al mare e il virus che ci sopporta giorno e notte sempre bloccato? Mai una gioia per lui?”

A disagio per una conversazione a lui incomprensibile, Tarocchi si voltò indietro a salutare Rocco Vitale e Roger che già lavoravano sul computer di Adri. “Se non ci dà le password di Elias sarà dura”, si lamentò Vitale; “qui se facciamo un attacco di forza bruta ci vogliono milioni di anni per sbloccare tutto!”

Raggiunta casa di Undet, il profiler spense il motore mentre l’amico andava a recuperare effetti personali e farmaci; Maurizio però, stremato dal caldo, aprì il finestrino con la speranza che entrasse un po’ d’aria. “Abbi pazienza”, gli disse Adri accennando un sorriso. “Lui quando deve prepararsi fa tardi peggio delle donne! Quasi quasi vado dentro.”

Le ultime parole famose: un momento dopo, Undet raggiunse la macchina trascinando un piccolo trolley che il profiler caricò nel bagagliaio accanto alla borsa di Maurizio.

Il viaggio andò avanti senza imprevisti finché un semaforo rosso li costrinse a fermarsi; nervosi per il possibile ritardo accumulato non fecero subito caso a un bambino, da solo e con uno zainetto sulle spalle, che camminava sul ciglio della strada agitando una mano e appena Undet lo vide venne colto da una inspiegabile inquietudine che quasi lo portò a scendere. Ma sul più bello scattò il verde e lui poté solo rispondere al piccolo con un cenno di saluto.

“Io chiamerei i tuoi colleghi”, propose Maurizio Tarocchi. “Ve lo dico per esperienza vissuta: quando un bambino va in giro da solo nasconde sempre un grosso problema.”

Undet annuì al collega più anziano ma Adri, sbrigativo, minimizzò: “Fra maniaci sessuali e serial killer ho esperienza anch’io, un bambino in grave pericolo non va in giro tranquillo con lo zainetto sulle spalle! Facciamoci gli affari nostri e andiamocene voi vi fate condizionare dal vostro passato è questa la realtà.”


Rivedere i piani?

Leonardo, ancora chiuso nella baracca fatiscente, finì disgustato gli ultimi residui del cibo per animali a lui riservato nella ciotola e iniziò a sbattere i pugni sul muro, esasperato da una prigionia che durava ormai da troppo tempo; il collare e la catena a cui era legato gli facevano sempre più male e sulla sua pelle iniziavano a vedersi delle lesioni ad alto rischio infezione alle quali però il giovane non aveva alcuna intenzione di fare troppo caso.

Preso lo smartphone da sotto le assi di legno, l’accese e quando trovò nella rubrica il contatto desiderato, avviò la chiamata; per fortuna la batteria ancora aveva sufficiente carica e il segnale di telefono libero gli diede un po’ di coraggio.

“Dai, rispondi!” sussurrò impaurito, steso prono in mezzo alla sporcizia; “ti prego… rispondi…”

Con un orecchio sul telefono e l’altro posato a terra si mise in ascolto: ormai sapeva che i suoi aguzzini sarebbero potuti passare a controllarlo in ogni momento e conosceva le loro intenzioni tutt’altro che buone.

Forse suggestione o forse realtà, improvvisamente gli parve di sentire dei passi in avvicinamento sulla ghiaia esterna al casolare; due piedi si muovevano con studiata lentezza, sempre più vicini al portone di legno e solo quando sentì parlare una voce nascose in velocità il telefono sotto le tavole, ma senza curarsi di spegnerlo.

“Ehi, voi, sono Batman”, era un uomo anziano che stava probabilmente registrando un messaggio audio. “Continuate pure! Quelli si credono tanto furbi ma se fingete di stare dalla loro parte, presto o tardi li schiacceremo come mosche. Ora devo lasciarvi però, ci aggiorniamo!”


Evento provvidenziale

La vibrazione del telefono sorprese Vitale e Roger, che ancora stavano provando invano a violare i profili social di Jenny ed Elias. “Fatica sprecata”, esclamò Roger sorridendo maligno allo smartphone che aveva appena smesso di lampeggiare. “Questo è il dispositivo del profiler, quel gran genio l’ha dimenticato qua!”

Rocco Vitale prese il telefono dalla piastrina di ricarica e lo passò a Roger, che a differenza dell’amico non fece una piega vedendo sul display il nome di Elias tra le chiamate perse.

L’ex malvivente impiegò qualche secondo a riflettere poi, sicuro di sé, digitò il codice di sblocco sulla tastiera e con pochi movimenti delle dita inviò un messaggio testuale al numero del chiamante.

“Ciao Elias, non posso parlare adesso ma te lo prometto, ci vedremo presto. Conta su di me. Adri tuo donatore di virus.”

Rocco però non parve entusiasta di quella mossa e strinse le dita intorno al polso di Roger: “tu sei pazzo, stai giocando col fuoco!”

“Nervi saldi, amico! Mi credi così scemo da farmi beccare? Ho cancellato la posta inviata, fidati di me.”

“Beh, allora spiegami come minchia fai ad avere il codice per sbloccare il telefono di Adri. A me mica lo ha dato, anche se lavoro come lui nella polizia.”

“Si ritiene tanto furbo il nostro criminologo”, Roger si lasciò andare a un ghigno diabolico. “Ma so le date per lui importanti e indovina? Le usa come password dappertutto.”


Situazione complicata

Ancora steso prono sulle tavole, Leonardo lesse più volte il display del telefono: un messaggio per Elias e la notifica di un nuovo accesso ai social da un “dispositivo sconosciuto”.

“Eli!” iniziò a urlare. “Sia maledetto chi si appropria della tua vita e della mia!”

Seduto alla scrivania di Adri insieme a Rocco Vitale, Roger consultò uno a uno i messaggi di Elias. A interessarlo fu soprattutto una chat proveniente da un gruppo di supporto per persone LGBT dove un particolare nome citato con troppa frequenza, spaventò Rocco: “Dannazione, hai visto che colpaccio! La situazione ci sta sfuggendo di mano e un passo falso può distruggerci. Testa sulle spalle, Roger, intesi?”

“Certo Vitale, stai calmo! Qui è coinvolto anche il nostro capo. Ora dobbiamo solo evitare che Adriano parli sennò andiamo falliti. Intanto vai avanti a guardare i profili dello sfigato che io penso alla ragazza e il suo stupido giocattolo.”

Determinato, Roger afferrò il bambolotto recuperato dalla cassa di legno e con due rapidi movimenti gli staccò la testa lasciando l’amico a guardarlo con gli occhi spalancati. Certo delle proprie azioni, infilò la mano nel morbido corpo del pupazzo e ne tirò fuori due buste arrotolate su se stesse che posò sul tavolo.

Vitale le osservò incredulo, avevano tutta l’aria di essere degli esami medici importanti; qualcuno già le aveva aperte e guardate, quale ragione c’era per nasconderle in una bambola!

“Te l’ho detto”, Rocco parlava a bassa voce quasi come temesse di venire spiato. “Sono coinvolte troppe persone e se sbagliamo c’è di mezzo anche la vita di un bambino, ricordi? Il nostro piccolo eletto…”

“Io voglio consegnare questa roba ad Adriano”, annunciò Roger alzandosi in piedi con le buste fra le dita. “Se Eugenio fosse suo dovrà lui prendersene cura, non noi! Un test HIV negativo e uno di gravidanza positivo, e se abbiamo sbagliato tutto? Il moccioso è un eletto fino a prova contraria.”

“Ma stai zitto… Roger, si può sapere da che parte stai?”

“Da quella giusta”, replicò l’altro mostrandogli una schermata di una chat fra due ragazze. Nulla di particolare in apparenza, tanti discorsi su uomini e cura personale; ma soprattutto una di loro utilizzava di frequente un’espressione priva di senso: ‘riso cane.’ “Rocco, stacci con la testa, maledizione! Se qualcuno dovesse parlare, andremmo in merda già solo con le chat! Adriano si faccia i fatti suoi e camperà cent’anni!”

“Jenny, Lolli e il barattolo del riso cane”, ghignò Vitale; “tra donne hanno sempre questi linguaggi strani poi si lamentano che non le capiamo. Dai, su!”

“Senti Rocco, non ho tempo di spiegarti. Se Adri ci becca sono grane per cui chiudi tutto e lascia perdere il riso per i cani!”


Benvenuti a Oziarium

“Sono esausto”, si lamentò Undet mentre Maurizio gli faceva strada fino all’uscita dell’aeroporto. “Qui davvero non si respira, c’è un’umidità pazzesca!”

“Ci sono abituato, ma fidati casa mia è vicina al mare e c’è sempre una brezza meravigliosa. Saranno tre chilometri da qui.”

Scrollando vigorosamente le spalle, Undet si schiarì la gola per non essere scortese davanti a Maurizio che si accendeva una sigaretta; si spostò per non ricevere il fumo in faccia e, con lo smartphone, compose il numero di Adri.

“Non raggiungibile”, disse sconsolato. “conoscendo il profiler sarà immerso in ben altre attività!” Anche Tarocchi provò a telefonare, ma con l’ennesimo scarso risultato. “Possibile”, protestò soffiando dalle labbra una nuvola di fumo; “avevo avvertito un paio di persone che tornavo a casa e non c’è anima viva.”

Tra il caldo e il fumo addosso, per Undet fu faticoso mantenere la calma e si sforzò di esibire un po’ di educazione. “Perdonami, mi dà fastidio il fumo; potresti buttarla via, per favore?”

Malvolentieri l’ex commissario si tolse dalle labbra la sigaretta e la schiacciò sotto un piede, poi vedendo il collega in difficoltà gli prese di mano il trolley e insieme iniziarono a incamminarsi verso la strada principale. “Almeno potessimo affittare una macchina”, protestò Undet cercando di muoversi nei tratti meno esposti al sole. “Io tre chilometri in queste condizioni non reggo!”

“Beh, dai, questione di poco e saremo a casa! Ci prenderemo un whisky bello fresco nella mia veranda o, se ti va, una birretta magari.”

“Grazie, ma non bevo alcolici. Soprattutto adesso con le terapie contro l’HIV!”

“Scusa tanto ma a volte non ci penso! A proposito, per quanto tempo ancora devo fingermi sieropositivo? Almeno a casa mia potrò essere me stesso, o no?”

“Più che a me dovresti chiederlo a Adri, io comunque ti suggerisco di continuare ancora finché indaghiamo. Considerala una copertura come un’altra!”

“Finché la reggo”, sospirò lui guardando un’auto che gli si stava avvicinando; “ma non garantisco…”

La macchina suonò il clacson in loro direzione e il conducente rivolse all’ex commissario un cenno di saluto. Era un uomo di mezza età, ben vestito e portava gli occhiali; quando scese e si fece loro incontro fu Maurizio il primo a sorridergli e abbracciarlo stretto. “Nico, che bella sorpresa mi hai fatto! Come sapevi che tornavo a casa?”

“Mauri! Sapessi! Io mica sono un giornalista per caso! So perché sei qui, e ho voluto essere io a venirti a prendere.”

“Questo è un amico di vecchia data”, Maurizio si rivolse a Undet. “Enrico Russo detto Nico. E lui è il mio collega Alessandro Spada, Alex…”

“Undet!” Lo corresse l’altro, stringendo la mano al nuovo arrivato. “Ormai nessuno usa più il mio nome di battesimo.”

“Beh, allora siamo tra noi”, il giornalista sorrise al giovane agente e posò la mano su uno stemma ben visibile sulla propria giacca. “Se Undet viene da Undetectable…”

“Positivo anche tu”, risposero insieme Maurizio e Undet; “qui è davvero una follia!”

“Così, dite? In redazione ce l’abbiamo tutti! Voi due niente segno di rischio biologico? Sarete mica negativi?”

“Che ti importa di cos’abbiamo nel sangue? Noi siamo venuti per lavoro”, tagliò corto Undet. “Per parlare con la signora Leotta, la mamma di Stefania e Riccardo.”

“So perché siete qui però la povera signora si è tolta la vita”, replicò Russo, scuotendo tristemente il capo. “Dalla morte della figlia è caduta in depressione. Ma conosco un’amica di Stefania, è con lei che dovrete parlare.”


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