La giornata contro la violenza sulle donne, celebrata ogni anno il 25 novembre, porta sempre con sé accesi dibattiti sull’argomento tra chi nega e chi riconosce quanto la violenza di genere coinvolga l’intera società.
Nelle varie discussioni, fra le tante voci più o meno autorevoli, si sta facendo particolarmente largo una parola chiave diffusa sui social: “#notallmen”. A cui noi, molto selvaggiamente, aggiungiamo notallmen del cavolo, parafrasando un brano del caro Alessandro Bono: Rock ‘n roll del cavolo.
“Notallmen del cavolo, quasi un mal di mare sai. Coltivo la stupidità e non imparo mai. Che delusione, che tu mi dai. Ricordati la prossima volta, risparmiala a qualcuno vedrai!”
Tutti uomini quelli a puntualizzare “non sono così”, “#notallmen”, senza accorgersi di essere parte del problema ogni qual volta a una battuta sessista di altri stiano al gioco o la facciano loro per primi. Non serve causare del male fisico, per oggettificare una donna. Proprio no.
Backstage: notallmen
Essendoci tra noi due blogger una persona con disabilità visiva il siparietto su “notallmen” è arrivato puntuale, complici alcuni limiti informatici.
Breve spiegazione tecnica: una persona priva della vista per leggere e scrivere sui dispositivi elettronici si avvale di un programma, chiamato “screen reader” – “lettore di schermo” in grado di tradurre in voce o alfabeto Braille ogni informazione presente a video, tranne le immagini.
Il lettore fornisce le informazioni alla sintesi vocale e questa le pronuncia a voce alta; oppure il contenuto viene trasmesso al dispositivo Braille, apparecchio fisico dotato di celle in ceramica da cui si alzano e abbassano i puntini, ognuna corrispondente a un carattere. Quello in uso per il blog del Mondo Positivo si chiama Focus 40 blue e regge 5 dispositivi collegati in contemporanea senza fili, e uno col cavo USB.
Abbiamo scelto di premettere con questo predicozzo perché “notallmen” ha portato al siparietto a causa proprio degli ausili descritti qui sopra che, se da una parte riescono ad aprirti un mondo, dall’altra hanno i loro limiti:
- La sintesi vocale legge “notallmen” tutto unito se le parole sono minuscole. Ma anche impostando le maiuscole correttamente (NotAllMen) non ha una lettura troppo diversa da NoTallMen.
- Il Braille segnala i link, ovvero parole cliccabili, con dei punti rialzati sotto le lettere e nasconde così le maiuscole. Non ci dilunghiamo in merito perché andremmo ancora più sul tecnico. Fatto sta che anche in Braille informatico tra “NotAllMen” e “NoTallMen” non c’è grandissima differenza.
Quindi il teatrino è andato avanti una giornata perché “not all men” significa “non tutti gli uomini” mentre “no tall men” vuol dire “nessun uomo alto” / “niente uomini alti”, e fra noi due c’è Alessandro “Gifter” che è alto 1.88.
“Cosa avete da dire contro gli uomini alti? Non è vero che abbiamo il pene piccolo! Dimostratecelo!” Battuta riferita al gioco con le dita a pistola: se l’indice è in verticale e il pollice orizzontale, uomo alto pene piccolo. Se la posizione invece è opposta, col pollice in su e l’indice perpendicolare, “uomo basso tutto casso”.
Il politico amiocugginico direbbe: “adesso negate pure l’evidenza del vostro pene piccolo, uomini alti, volete mettere in dubbio il mio pollice?”
Come il maschilismo ostacola le amicizie
Non abbiamo rispettato la data del 25 novembre perché teniamo a scrivere questo articolo nel miglior modo possibile, poco importa la sua data di uscita. Allora eccoci qui, a parlare di noi come non abbiamo mai fatto prima. Perché il “notallmen” e il suo meccanismo di autoassoluzione, ci ha fatto rivivere il doloroso inizio del nostro rapporto e le esperienze da cui arriviamo, responsabili della reciproca diffidenza iniziale.
Se sei donna e lavori nell’informatica
Primi anni 2000, le tecnologie erano decisamente più acerbe rispetto a ora e così anche il divario tra uomini e donne nell’accesso all’informatica. Figuriamoci se come in questo caso c’era una disabilità visiva in mezzo.
Università abbandonata subito, perché toccava pagare una persona che leggesse i libri. Le prime letture digitali legali e fuori dal giro delle associazioni per ciechi, sono arrivate nel 2013 col primo iBooks, ora Apple Books. Fate voi.
Unico modo di sperare in un lavoro? O iscriversi ai corsi per centralinista e finire sbattuta in un qualche ufficio pubblico in tanta malora a farsi mandare al diavolo dai clienti, oppure farsi il mazzo da autodidatta. Scelta apparentemente facile quest’ultima, perché si stava sul divano col portatile sulle ginocchia invece di girare avanti indietro casa-scuola, cosa vuoi di più, provi a realizzare il tuo sogno lavorando dal divano, come i pionieri di quello che oggi si chiama Smart Working. Ma le difficoltà erano dietro l’angolo, tanto invisibili quanto subdole.
La vita in Internet per una donna è complessa oggi, figuriamoci i decenni scorsi! Se nelle chat di svago gli approcci sessuali indesiderati erano all’ordine del giorno quando scrivendo usavi la desinenza femminile, nei canali dedicati all’informatica era peggio ancora: pieno di morti di f… Di fame che nel migliore dei casi ti davano del “provocatore che attira l’attenzione” così da evitare lo studio dei manuali, e nel peggiore erano molestie pesanti incluso un osceno feticismo verso la disabilità visiva, sesso al buio, ecc.
Quali erano le possibili soluzioni, come si faceva a difendersi? A vent’anni non possiedi la stessa esperienza dei 40 allora il modo più semplice per fuggire da certi eventi spiacevoli è stato quello di crearsi un profilo con un nome maschile e nascondere la disabilità. Problema risolto per le attenzioni indesiderate, poi ne ha creati degli altri ma non è questa la sede in cui parlarne.
Perciò, con questo tipo di contesto alle spalle, come si può fidarsi senza alcun dubbio degli uomini conosciuti in rete?
Se sei uomo e cresci con un padre omofobo
A 11 anni ti innamori di un ragazzino ed essendo anche tu un maschio non glielo puoi dire. Lui si ammala e sta mesi in ospedale, tu piangi perché non puoi andare a trovarlo, e tuo padre ti dice che i maschi devono comportarsi “da duri” invece piangere è da femminucce.
Confidi a tua sorella gemella che vorresti “dare un bacino” al tuo amico in un ingenuo “coming out” di cui ignori l’importanza, sono parole da bambino delle quali non conosci bene il significato ma a lei parli perché hai bisogno di essere supportato da una persona innocente come te, e lei ride perché non capisce o non vuole capire; sono gli anni 80, precisamente l’86-87 con Chernobyl in mezzo. Hai anche paura che siano stati “i radiocattivi” a far ammalare il tuo amore segreto e impari a vergognarti della tua stessa preoccupazione.
Tempo dopo muore Freddie Mercury, tu hai 15 anni e mentre la tv parla di com’è morto quel cantante famoso tuo padre dice “vedi? Quelli come lui f-word sono destinati a finire così. Ma tu no, non sei mica uno di quelli, vero?”
Vorresti parlarne ma a casa e a scuola hai sentito solo termini volgari per definire un maschio attratto dai maschi. Allora ti convinci che se non c’è un modo gentile per descriverla, è perché quella lì è una cosa sbagliata e da nascondere.
A 16 anni e mezzo arriva il tuo primo amore con cui ti scambi solo baci a sfioramento e coccole perché hai paura dell’AIDS.
Sono gli anni 90 dove ancora si comunicava solo usando le letterine scritte a penna senza foto né video e papà ne scopre una nella tua stanza da letto, piena di frasi romantiche e una poesia firmata Fabio.
La tua gemella ti copre le spalle dicendo che Fabio è il diminutivo di Fabiola, ma dura poco perché un giorno papà omofobo ti vede stretto a lui fuori da scuola; un abbraccio innocente dopo aver superato egregiamente un compito di matematica difficile per entrambi, ma è risaputo che per un omofobo risulta scandaloso anche vedere una stretta di mano fra due ragazzini che già si conoscono…
Da quel gesto affettuoso scoppia il finimondo, ma fino ai 25 anni inoltrati con quel padre ti tocca viverci in casa perché i soldi che hai non bastano per essere indipendenti, fai buon viso a cattivo gioco, ti chiudi nello studio della musica e col genitore ostile cerchi di dialogare il meno possibile. Con Fabio finisce e solo tua madre e tua gemella ti stanno vicine, provi anche a uscire con le ragazze ma sai troppo bene che “la cosa sbagliata” come la definiscono in casa tua, è lì per restare.
Prima di Fabio però, per cercare di dimostrarti un maschio alfa come vorrebbe tuo padre, tu facevi l’idiota e prendevi in giro nel peggiore dei modi i ragazzi che apparivano “meno maschi” rispetto al modello di uomo che ti avevano imposto in casa.
“Presto o tardi tu ti becchi l’AIDS e io ti sbatto fuori”, papà lo ribadisce. Perfetto, gli rispondi; negli anni ti fai un mazzo tanto lavorando, anche tirando su foglie dalle strade pur di portare qualcosa a casa e metterlo da parte. Ma alla fine ti sei messo nelle condizioni di farti una vita autonoma.
Un bel giorno conosci l’uomo che credi quello della tua vita. A tuo padre finalmente porti a casa il bravo ragazzo, il grande amore con cui vivrai per sempre o almeno così lo ritieni e te ne freghi se papà storce il naso.
Col tuo amato non c’è pericolo di ammalarsi, siete fedeli… Sì, come no. A un passo dall’obiettivo di compiere 40 anni “senza aver preso l’AIDS”, ti scopri HIV positivo. Padre omofobo fuori dalla tua vita per sempre, ex fidanzato traditore anche.
Se sei donna e ricevi una mail da un estraneo
Dopo mesi di alti e bassi, il primo gennaio 2019 ti sei decisa e hai troncato una lunga storia d’amore in cui nessuno dei due stava più bene. Una relazione nata sana, che però si stava palesemente sporcando a forza di sfiducia e ormai i momenti belli erano diventati un’eccezione alla regola.
Come se non bastasse, tra il 2 gennaio e il 20 marzo dello stesso anno vieni investita da non uno, ma quattro lutti uno più doloroso dell’altro: un familiare e tre amici.
Anno nuovo vita nuova, pensi; e se iniziamo così, chissà prima della fine cosa può accadere? Ti sbarazzi di una tv a pagamento che non rispondeva più alle tue esigenze, così da liberarsi almeno dalle scocciature più sopportabili e appena ti arriva la conferma della disattivazione, come modalità sfogo ne parli nel blog personale che tenevi all’epoca. Hai una tale delusione e rabbia, da rivolgere ai difetti dell’abbonamento tutte le frustrazioni che hai passato in quel periodo pesantissimo.
Tempo qualche giorno dall’articolo e sulla mail del blog, arriva un messaggio:
Ciao, sono Alessandro e ho letto con attenzione il tuo articolo. Ho lavorato per un periodo nell’assistenza di [nome servizio tv] e vorrei che mi spiegassi qual è il problema così studiamo insieme una soluzione.
Eccolo, scrivi un pezzo e compare il genio. Nessuno all’epoca in quell’azienda e altrove si occupava di accessibilità digitale e ora arriva l’eroe? Bona! E se vuole altro? Rispondiamogli, giusto per non sembrare maleducati subito quando la mail ha avuto un tono gentile.
“Che tipo di soluzione avresti? Perché non ci sono guide sul sito ufficiale, magari tu hai qualche barbatrucco per far parlare il decoder?”
Lui neanche sa cosa volesse dire “decoder parlante” quindi inizia uno scambio acceso di mail, dove l’istinto era di mandarsi al diavolo e nessuno però ha voluto mai farlo per primo. Fino a che è arrivata l’idea di sentirsi in chat vocale per chiarire le posizioni e lì si è scoperto tutto: la vera ragione del contatto era un video sull’HIV e un articolo riguardo gli indennizzi da trasfusione infetta.
Se sei uomo e cerchi un confronto aperto
Ormai vivi con l’HIV da diversi anni, te ne sei fatto una ragione, ma l’uomo che vuoi sposare ancora si crea le paranoie malgrado in giro si parli già di U=U, ovvero che se sei in terapia non puoi trasmettere sessualmente il virus; non vuoi permettere alla tua storia d’amore di finire in pezzi e allora cerchi il confronto con altre coppie etero o gay sierodiscordanti – dove uno dei partner abbia il virus e l’altro no.
“Amore e HIV” è la tua ricerca in google. Trovi svariati articoli o messaggi sui forum dedicati a HIV e AIDS ma ciò che ti serve è una persona in carne e ossa, cerchi una discussione schietta dove né tu né loro vi dobbiate vergognare se tocca parlare di sesso. Hai il desiderio di rivolgerti soprattutto al partner negativo, sapere se il tuo futuro marito è paranoico o se il pensiero di chi non ha HIV è simile per tutti.
Dal motore di ricerca passi a YouTube, stessa parola chiave: “amore e HIV”; dopo una manciata di video con interviste tv ecco il colpaccio: “amore oltre HIV e disabilità”. Mezz’ora in cui una coppia etero cazzuta racconta cosa significhi essere due fidanzati privi della vista e con in mezzo anche l’HIV di lui.
Dall’ironia che usano comprendi di aver trovato le persone giuste ma, se tra uomini gay ci si potrebbe sentire a proprio agio, come rivolgersi a una donna, per giunta con una disabilità? E soprattutto come arrivare a lei, contattare il canale YouTube di educazione sessuale che la ha ospitata? E dopo? Per scriverle cosa?
- “Ciao Elena sono Alessandro, un uomo HIV positivo e ti vorrei fare i complimenti per il video”… Troppo banale e poi da lì dove si va?
- “Ciao Elena sono Alessandro ho l’HIV e desidero conoscere il tuo punto di vist…” No, oh dio, se si offende con una frase simile?
- “Ciao Elena sono Alessandro io sono positivo HIV e ho difficoltà con mio marito negativo…” No! Il dottor stranamore con un’estranea no!
Relax, don’t do it, when you want to go to it! Relax, don’t do it, when you want to come!
Rilassati, non farlo, quando vuoi andarci. Rilassati, non farlo, quando vuoi venire…
La saggezza di Frankie Goes to Hollywood: prendiamocela con calma!
Leggendo i commenti al video non è stato difficile capire chi fosse la ragazza e arrivare al suo canale YouTube poi da quello, le ricerche su Internet hanno fatto il resto: interesse comune? La tecnologia. Perfetto! Per mesi silenzio, finché provvidenziale è arrivato quel suo articolo sull’abbonamento alla pay tv e ce ne stavano anche altri sul canone rai. Questa ha grinta, questa non si nasconde!
Bastava partire col piede giusto.
Se sei donna e l’estraneo fa il gentile
Con lo spettro delle molestie sessuali in rete, non è affatto facile prendere una mail gentile per quello che è allora viene spontaneo chiedersi: cosa vuole questo Alessandro che ti scrive proprio sugli argomenti che ti interessano e servono?
Molestie a parte, esistono anche le famose “truffe romantiche” dove uno ti studia per filo e per segno dai profili e poi ti circuisce fino a farti perdere la ragione e alla fine ti chiede soldi, o peggio.
La diffidenza perciò è stata il minimo sindacabile e la reazione aggressiva, sicuramente spropositata, era l’unico mezzo disponibile per difendersi: “senti bello, se vuoi portarmi a letto hai sbagliato persona e se vuoi fregarmi soldi usando la mia disabilità, idem.”
Aveva poco da rispondere con “io ti stimo per quello che fai, sentiamoci in vocale così ti spiego tutto.” La modalità artigli affilati era in azione.
Ci si è sondati, e poi alla fine a forza di botta e risposta maleducati ci si è arresi: vada per la chiamata vocale e da quel momento le motivazioni per la diffidenza sono crollate una alla volta.
Se sei uomo gay e anche tu bersaglio di uomini spregevoli
Quando una persona perde la sua verve e si mette a piangere, spiegandoti quante fregature e umiliazioni ha dovuto subire da estranei, resta solo da togliersi la corazza e dire “senti, io sono l’ultimo a volerti e poterti fare del male perché quelli ostili verso di te lo sono anche verso di me”, a seguire coming out sull’omosessualità e sull’HIV, quest’ultimo il vero motivo della prima mail.
Ulteriore diffidenza, quasi un terzo grado reciproco fino a stancarsi e concludere con: “ci salutiamo per sempre o partiamo dalle cose che abbiamo in comune?”
Così per stemperare l’atmosfera il discorso è caduto sul vecchio pezzo di Daniele Silvestri “le cose in comune”:
abbiamo due braccia, due mani, due gambe, due piedi
due orecchie e un solo cervello…
Quando io parlo, tu parli. Quando io rido, tu ridi. Quando io dormo, tu dormi…
Tanto vale andarsene a dormire e se ne parla un’altra volta.
Nel tempo la diffidenza è scomparsa per entrambi ma è stata durissima perché quando si deve stare in guardia anche dalle persone più vicine, è inevitabile andare sulla difensiva.
Inutile dissociarsi dalla violenza di genere liquidando la situazione con “non siamo così”, notallmen del cavolo. Se sei donna hai paura, se sei uomo e non sei violento, percepisci che la donna ha paura di te e questa è una motivazione sufficiente perché ogni uomo si unisca senza alcuna vergogna alla lotta contro la mascolinità tossica. A maggior ragione non è opportuno dissociarsi quando in coscienza sai che, da giovane, hai fatto il cretino anche tu, per paura di essere bullizzato proprio da quei maschi alfa che in famiglia ti volevano imporre di imitare.
E non da ultimo se sai di aver provato anche tu sulla pelle una violenza mascherata da amore, che ti ha lasciato in eredità una condizione con cui fare i conti a tempo indefinito.
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