Ci siamo appassionati di pesca all’improvviso? In realtà no, anche se quando vogliamo catturare i pesci loro abboccano alla perfezione – la prova è Fermiamo Insieme lo Stigma su HIV (pesce d’aprile 2023).
Solo che, visto lo spot esselunga con la pesca, non ci sembrava il caso di dire “posta del culo”.
Pesca vs. culo
Si parla della pesca frutto estivo, non lo sport; spesso le pesche vengono disegnate tondeggianti e con una piccola fessura da un lato che le divide quasi in due. In reale il segno è più o meno marcato ma quando le si rappresenta in un disegno o figura tridimensionale, il taglio è parecchio profondo onde evitare di scambiarle per altri frutti.
Quindi, il primo impatto con una pesca stilizzata, è di vedere due chiappe! Non per niente l’emoji della pesca 🍑 spesso e volentieri viene impiegata in certe chat per indicare il culo.
E la melanzana? OK, inutile dire oltre perché ci siamo capiti benissimo!
Allora vista l’occasione che si è presentata vogliamo dedicare un po’ di attenzione alla pesca perché la sua stagione sta finendo come frutto e adesso, consapevolmente o meno, si adatterà a fungere da culo e basta!
Esselunga e la pesca come paciere
Fine settembre 2023: la “discussione del momento” è uno spot di Esselunga in cui la protagonista è una bambina coi genitori separati e deve comprare con la mamma una pesca, che poi la piccola regala al padre. E lui alla fine dice alla bambina “chiamo la mamma stasera per ringraziarla, OK?”
Niente più della solita pubblicità con la famigliola del mulino bianco e relative sfumature, in cui il succo è: “se prendi la frutta da Esselunga, diamo alla pesca il potere di farvi far pace”.
Sinceramente nulla di speciale, dobbiamo dirlo; noi però maliziosi come siamo, prima di avere in mano il video eravamo dell’idea che le polemiche fossero uscite da una possibile allusione tra pesca e culo.
Invece siamo stati delusi perché il mondo mediatico fa baccano per molto, molto meno! Peccato, un’altra occasione che il culo ha perso per farsi rispettare e valere.
La pesca, vera vittima
“Un attacco alle famiglie separate”, dice qualcuno. “Uno spot emozionante come non se ne sono mai visti prima”, altri ribattono. “Un modo per far sentire in colpa gli adulti che divorziano facendo vedere il dolore dei bambini, i piccoli innocenti usati a scopo di marketing”, “di fronte a tanto demenziale ci si scandalizza della normalità”. Abbiamo riportato solo alcuni dei pensieri perché la vita è troppo preziosa e non la vogliamo buttar via dando spazio a chi parla nel vuoto.
La posta del culo si è già occupata di normali e anormali quindi evitiamo di ripeterci sull’argomento, perché l’unica vittima in questo caso è la pesca e lei merita tutta la nostra comprensione.
Mettiamoci nei suoi panni: nel ruolo di frutto estivo più volte si trova al centro dell’attenzione perché a qualcuno dà fastidio il suo pelo e le viene tagliato senza chiederle il consenso. “Perché prendete me, se non vi piace il pelo siete liberi di comprare la pesca noce lasciatemi stare!”
In seguito qualcuno ha deciso che la sua icona dovesse diventare un culo nelle chat gay. “Beh, dai, almeno qui nessuno mi taglia o mi mangia. Al massimo mi prendono … per il culo. Poco male, ci si abitua! Faccio coppia con la melanzana, io sono gustosa e lei sta bene con tutto e tutti.”
Ma da quando Esselunga ha pensato di usarla come paciere la pesca ha pieno diritto di ribellarsi e noi vogliamo sentire cos’ha da dirci.
Ci siamo assunti l’onore e onere di dare voce a cHIVoce non ha, perciò oltre ai virus abbiamo il dovere di ascoltare anche le pesche quando chiedono aiuto.
“L’ulivo ha anche provato a spiegarmi come si aiutano le persone a far pace ma quello non è il mio compito, lui invece lo fa da secoli e glielo lascio volentieri. Io al massimo faccio il culo peloso quando me lo chiedete, ma mi fermo lì! Non sono in grado di fare altro. Scusate.”
La pesca è umile e sa dove fermarsi, a differenza di molte persone che si arrogano il diritto di discutere su argomenti di cui sanno zero, solo per darsi un tono nonché fare dibattiti complessi sulle cose semplici.
Genitori in trappola
Noi buttiamo le polemiche sull’ironia perché è il nostro stile, ma siamo seriamente convinti che la storia della pesca abbia creato un clamore inutile.
Respiriamo, una buona volta; e se riusciamo a metterci nei panni dei virus o della pesca perché non provare quelli della bambina?
Quale bambino non sogna l’armonia in famiglia? Sarebbe preoccupante il contrario, e lo spot della pesca mette in luce un tema che già diversi film hanno affrontato a suo tempo.
Noi autori siamo opposti anche da questo punto di vista: una con una sorella più piccola e i genitori uniti che si amano ancora; l’altro con una sorella gemella e i genitori divorziati in conflitto fin dalla notte dei tempi – separati quando i figli erano adolescenti, sempre per il solito “stiamo insieme per il bene dei bambini” che ha solo creato più casino di quello già presente all’inizio.
Uno di noi due sa perfettamente quanto sia difficile crescere coi genitori che stanno insieme per forza e non poterli convincere in alcun modo a far pace, neanche complottando fra gemelli. Impossibile da piccoli capire la grandezza dei problemi creati da un genitore che esercita violenza psicologica poiché a quell’età pensi a certe reazioni come fossero colpa tua.
Ma, una volta cresciuto, è ancora più complesso ammettere che se i tuoi si fossero mollati prima, ci avresti guadagnato in serenità senza perdere mezza vita perché tuo padre ti considerava uno sbaglio della natura e tu, bambino, ci credevi sentendoti “il figlio in più”, “il maschio poco maschio”, e così via.
Allora la domanda sorge spontanea: in quale mondo è cresciuto chi polemizza sulla pesca? Cos’avrebbero dovuto dire davanti al film “Genitori in trappola”, commedia familiare del 1961? Precisamente, in italiano, il film è stato chiamato “il cowboy con il velo da sposa” in riferimento a una scena dove l’attore protagonista, famoso per i western, si vedeva all’altare col velo da sposa.
Invece, in lingua originale, si chiamava “parent trap” e a sua volta deriva da un libro tedesco del 1949 “Das Doppelte Lottchen” in italiano “Carlottina e Carlottina”.
Parla di due gemelle identiche i cui genitori si sono lasciati quando erano molto piccole, portandosene via una per ciascuno e sono andati a vivere in paesi lontani fra loro: nell’originale era Boston e California, nel rifacimento Disney “genitori in trappola” i paesi sono l’Inghilterra e gli Stati Uniti.
Vite diverse, educazioni diametralmente opposte, le due ragazzine si incontrano quando ormai sono adolescenti in un campeggio dove i genitori le hanno mandate, casualmente lo stesso per entrambe.
Appena scoprono da una foto strappata che sono gemelle, decidono di scambiarsi e una va a vivere dal genitore con cui è cresciuta l’altra. Scherzi, avventure, equivoci, finché inducono la compagna “di troppo” del padre ad andarsene e la storia finisce coi genitori che fanno pace grazie alle bambine.
Cos’è più di una commedia per famigliole? Nulla, ma chissà cosa accadrebbe se “il cowboy col velo da sposa” venisse proiettato in una scuola? Dai, facciamo un po’ di fantapolemica e divertiamoci: uscirebbe lo stesso, identico, clamore della pesca. Scommettiamo?
Nessuno colpevolizza qualcuno, così nel film come nello spot della pesca; è semplicemente la proiezione di un’illusione infantile al cinema o, nel caso più recente, nella pubblicità di un supermercato.
Banale senz’altro, la demagogia dell’adulto che dice “per i bambini passo sopra anche all’impossibile” ma uno quando è piccolo pensa che sia tutto semplice, è la sua natura, e va bene così.
Ridicolizzare l’indignazione
Diciamo le cose come stanno: non fosse stato per l’associazione “pesca-polemiche” noi mai avremmo guardato quello spot né saremmo qui a parlarne, se anziché la pesca fosse stata una vaschetta di mirtilli o fragole nemmeno ci avremmo fatto caso!
Nostro malgrado ci siamo fidati troppo della complessità umana producendo un collegamento che probabilmente sfugge all’utilizzatore medio dell’Internet:
- pesca —> supermercato —> pubblicità —> social —> chat —> sexting —> emoji —> culo —> pesca
Pazienza, ci siamo ingannati da soli sopravvalutando i polli che abbiamo intorno.
Oppure volendo ci sarebbe anche:
- pesca —> macedonia —> dessert —> dopocena —> chat —> sexting —> emoji —> culo —> pesca
Qui però andiamo già oltre!
Diamo comunque atto a Esselunga che ha confezionato una campagna pubblicitaria in grado di autoalimentarsi col passa parola, usando l’indignazione generale come cassa di risonanza ed è questa la situazione grave di cui nessuno si indigna perché ci siamo ormai arresi a essere comprati e venduti come ci pare.
Naturalmente i politici di ogni colore colgono l’occasione per dire la propria su questa pubblicità e guadagnare consensi, e noi in mezzo a tutto questo rumore di fondo ci troviamo a disagio nel ridicolizzare tutte queste persone che si indignano a vuoto come se nel mondo non ci fosse già abbastanza di cui scandalizzarsi sul serio.
Non ci si rende conto che provocare l’indignazione finta è una strategia per silenziare quella vera, condizionarci in un modo o nell’altro, telecomandarci, e qui viene in soccorso la pesca nel senso di sport: siamo esattamente come i pesci che abboccano al primo trappolone teso dal più furbo.
Non è Esselunga a manipolarci, vogliamo precisarlo a scanso di equivoci. Quella è semplicemente una realtà che ha sfruttato a proprio vantaggio un meccanismo di marketing in qualche modo “aggressivo”, già consolidato ma è il sistema mediatico che ormai funziona così.
Cosa ci succede, stiamo diventando peggio dei cospirazionisti che di solito prendiamo in giro? No, noi non crediamo nei complotti; siamo solo consapevoli di quanto in troppi si stiano facendo l’illusione di essere attivi per la società indignandosi con la pesca al supermercato, Biancaneve senza nani o la sirenetta nera. Dopo però si vedono portar via la sedia da sotto la pesca (volevamo dire culo) e non muovono un dito.
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