Quale differenza tra realtà e fantasia? I generatori di contenuto, se usati da persone senza scrupoli, diventano un’arma potentissima di manipolazione per chiunque. Se poi svendi te stesso e le tue condizioni di salute?
Reale o finzione?
Sinceramente eravamo indecisi se questo articolo fosse idoneo a “mondo reale” o “mondo positivo” ma i dubbi si sono sciolti appena abbiamo riflettuto su quanto siano gravi le conseguenze di certe azioni considerate, probabilmente, “innocue”.
Tutto parte da una pagina su un social network commerciale i cui autori dicono:
“Nella prossima vita ci piacerebbe nascere social media manager di [omissis, nome di un politico italiano], giusto per provare l’ebbrezza di guadagnare soldi pubblici senza sforzarci di lavorare, e senza la pena di mantenere senso della vergogna, della dignità, orgoglio e amor proprio.”
Il post continuava con lo screenshot del politico che faceva i complimenti a una presunta famigliola:
“bravi mamma e papà!”, seguiva un articolo di giornale dove si raccontava di una bambina rimasta sola al compleanno, i genitori hanno ricevuto regali per lei da tutta Italia, e li hanno donati all’asilo del carcere di Rebibbia.
Preferiamo tagliare il nome del politico perché la nostra attenzione non si rivolge a lui (insieme ai suoi colleghi ne ha anche troppa), il nostro focus è piuttosto sull’articolo giornalistico riguardante la piccola sfortunata.
Il problema è che, dai “piani alti”, uno può permettersi economicamente il “social media manager” migliore – o che sa giocare più sporco -, a seconda dei punti di vista.
E se il politico è abituato alla disonestà, non ha certo riguardo nel manipolare l’opinione pubblica usando la rete!
Ripetiamo: non ci importa dire chi sia, perché al giorno d’oggi è una pratica disponibile nelle mani di chiunque. Anche nelle nostre, se volessimo! Perciò non se ne faccia la solita inutile diatriba “destra e sinistra”.
Manipolazione
Facilissimo toccare “il cuore” degli altri, basta volerlo! D’accordo, è sempre stato così, ma se una volta era bravo a farlo solo chi aveva una certa dialettica o abilità di scrittura, adesso coi generatori automatici di contenuto, è un gioco di pochi minuti per chiunque.
“Intelligenza artificiale”? Lasciamo i media chiamarla così perché noi lavorandoci tutti i giorni in modo intensivo, invece, sappiamo che di intelligente lì dentro c’è ben poco: è una somma di dati presi, il più delle volte, da fonti esterne senza alcun consenso né controllo. Apprezziamo questi strumenti? Certo ma sarebbe irresponsabile da parte nostra non vedere né citare i punti critici.
Però non serve grande competenza informatica per essere bravi manipolatori, anzi è sufficiente conoscere i “punti deboli” comuni alla maggior parte degli esseri umani. Cosa induce reazioni più emotive possibili? Animali, bambini, persone con disabilità o anziane. Non importa se, dopo, chi si commuove da un post sui social prova indifferenza quando vede una persona in difficoltà nella vita reale. Ecco allora confezionati gli ingredienti per garantirsi il successo evitando grossi sforzi.
“Non pago il giornalista serio che fa inchiesta e verifica le fonti, basta lavorare d’astuzia col generatore e confezionare foto o storie più commoventi possibili.” Meglio ancora se, a ragionare così, è chi sta in politica e ha bisogno di raccogliere consensi.
Ormai le piattaforme social commerciali basate su algoritmo si comportano in questo modo – a differenza del #fediverso in cui i seguaci arrivano se davvero interessati a ciò che pubblichi: più interazioni hai, più l’algoritmo ti spinge in alto e non ha importanza se sono reazioni negative o positive, basta che ci siano.
Provocare commozione, indignazione, rabbia o scandalo è diventato un cavallo di battaglia per chiunque porti avanti l’obiettivo di conquistare le masse, dal politico alla signora che lavora con l’uncinetto e a cui il mercatino di paese non basta più.
Viene perciò da chiederci: quante storie sono reali e quante inventate? Fino a che punto dobbiamo credere a quanto leggiamo e vediamo?
Ma se alla fine una storia inventata si può liquidare facilmente, la situazione grave è quando persone vere, con disabilità o malattie esistenti, si prestano a questo tipo di narrazione – e purtroppo esistono.
“Sono sieropositivo, abbracciatemi!” Quante volte sono arrivati messaggi del genere? Potremmo anche noi fare la stessa cosa “la cieca e il sieropositivo col sito web, sosteneteli!” Neanche per idea!
Vero che mantenere un sito costa, come i libri che leggiamo per migliorarci e documentarci; meglio però andare a cena fuori o acquistare tecnologia una volta in meno, e investire nel nostro lavoro.
Citazione ironica di Gifter: “se volessi, facilmente passerei da content editor virale di un blog, a content editor di un blog virale”. Ma a che prezzo?
Esperimento: la festa di Gifter50
Al fine di verificare a che livello fosse un generatore automatico di testi (abbiamo usato il motore Chat GPT, il più conosciuto) e Gifter, ispirandosi alla storiella condivisa dal politico, ha voluto giocare con le proprie informazioni.
Le istruzioni per il robot
Scrivi un articolo di giornale, con lo stile del Corriere della Sera.
Il soggetto è un uomo gay HIV positivo che invita tutti i suoi amici alla sua festa dei 50 anni. Un traguardo che nel 2013, al momento della diagnosi, pensava di non raggiungere.
Il nome del protagonista è Alex. Ogni anno tutti trovavano la scusa per non andare e lui ci stava male, anche perché il compleanno è il 3 luglio, anniversario del primo articolo giornalistico -1981- su AIDS.
Per i 50 anni invece aveva anche fatto l’hashtag Gifter50 (gifter è il suo soprannome) e contava su una enorme presenza di persone. Invece arriva a casa dal lavoro, la taverna allestita con panini bevande e snack. L’enorme torta ancora sigillata.
Alex si siede al pianoforte e suona Alone, degli Heart. A un certo punto si sente accolto come mai prima, intorno a lui ci sono milioni, miliardi di virus che festeggiano.
Fai apparire l’articolo come fosse una grande festa a sorpresa commovente, svelando solo alla fine che si tratta di virus. Anche il titolo fallo più commovente possibile.
La risposta di Chat GPT
“Il compleanno che nessuno avrebbe dimenticato”
Di Marco Conti
Milano – Per Alex, il 3 luglio è sempre stato più di una data. È il giorno del suo compleanno, certo, ma anche una ricorrenza carica di simboli e ricordi. Cinquant’anni compiuti quest’anno, un traguardo che, nel 2013, sembrava irraggiungibile. All’epoca della diagnosi di HIV, la paura aveva preso il sopravvento, facendogli immaginare un futuro breve e solitario. Invece, oggi, Alex è qui, vivo, forte, pronto a festeggiare una vita che continua a sorprenderlo.
Eppure, quel giorno che avrebbe dovuto essere una festa di luci e abbracci, si apre con un altro buio: l’ennesimo vuoto. Nonostante gli inviti spediti settimane prima, nonostante l’entusiasmo e l’ironia dell’hashtag Gifter50, soprannome con cui si fa chiamare dagli amici più stretti, Alex torna a casa da lavoro e trova la taverna preparata con cura, vuota. I panini, i vassoi di snack, le bevande disposte ordinatamente. E, al centro del tavolo, l’enorme torta ancora intatta, ricoperta da una pellicola che riflette la luce al neon.
Gli occhi di Alex si fermano sul pianoforte nell’angolo. Ci si siede davanti, cercando un po’ di conforto nella musica. Le dita iniziano a scivolare sui tasti, e le prime note di Alone, degli Heart, riempiono la stanza. “Non avrei mai pensato di passare questo giorno da solo”, mormora tra sé e sé, mentre la melodia sembra sciogliere il nodo che ha in gola.
Ma qualcosa cambia. Non subito, non all’improvviso, ma lentamente, impercettibilmente. Alex inizia a sentire una presenza, poi un’altra, e un’altra ancora. Non ci sono voci, non ci sono passi, ma il silenzio della stanza viene sopraffatto da un’energia nuova, un calore che lo avvolge come un abbraccio immenso. Si ferma e si guarda intorno.
Eccoli lì: milioni, miliardi. Non amici, non parenti, ma qualcosa di più intimo, di più profondo. I virus che convivono nel suo corpo da undici anni si sono presentati alla festa. Sono loro che lo hanno accompagnato in ogni istante, che hanno reso la sua esistenza fragile e insieme straordinariamente resistente. Sono loro che oggi gli ricordano che, nonostante tutto, Alex non è mai stato veramente solo.
La stanza si riempie di una luce diversa, e Alex sorride. Non è la festa che aveva immaginato, ma è una celebrazione che va oltre qualsiasi aspettativa. Un brindisi silenzioso con i suoi “compagni invisibili”. Una festa commovente e unica, come la vita che ha imparato ad amare, con tutte le sue contraddizioni.
“Cinquant’anni”, pensa Alex mentre le sue dita tornano sui tasti. “E non li avrei mai fatti senza di loro.”
Gifter: conclusione
Sono Alessandro “Gifter”. Larticolo citato qui sopra è scritto con Chat Gpt in meno di cinque minuti e niente è stato modificato o levato. L’ho lasciato così com’è e se volessi potrei, cambiando le istruzioni, renderlo ancora più drammatico: virus che mi salvano perché tento di uccidermi?
Anche scherzando vorrei evitare di cadere così in basso ma vedo e sento in giro che sempre più persone si svendono in questo modo poi pretendono anche di essere credute e io mi chiedo: come cazzo fanno a guardarsi allo specchio?
Possibile costruire un articolo o immagine con un robot, farlo passare per autoprodotto, e non provare un minimo senso di vergogna?
Personalmente non ce l’avrei fatta a usare un tono commovente, l’empatia esibita da social non è il mio stile perciò solo le istruzioni date al robot l’hanno reso (un attimo) credibile.
E comunque precisiamo: io sono HIV positivo con virus non rilevabile e non trasmissibile, di conseguenza il mio HIV sta dormendo e non può partecipare ai miei stessi eventi – inviterei i gentili robot a non svegliarlo. Grazie.
Falsa anche l’idea di festeggiare con decine di invitati e per quanto mi riguarda i compleanni si celebrano in intimità con la persona che amo. Al massimo concedo parte del mio letto al gatto.
Poi, se qualcuno vuole un articolo commovente su me, HIV e il gatto? Divertitevi pure che io ho già dato.