Re Tritone si è allontanato per controllare il meteo e Ariel, curiosa, vuole sapere di più sulle avventure delle sorelle; ora sono più libere e possono raccontare alla sirenetta più giovane come sia la vita in superficie: con Aquata piena di paure, Adella malinconica e Andrina che vorrebbe saperla lunga, sembra essere Attina la più intraprendente.
02 – Ariel sirenetta curiosa
Appena Re Tritone fu lontano, Ariel prese la sua colazione ormai fredda e la offrì al primo pesciolino affamato che vide allungare il muso in prossimità del castello; afferrato il cibo tra le mascelle, il piccolo animale se ne tornò pacifico al largo, lasciando le sirene in pace. Aveva gli occhietti innocenti quel piccolo pesce, ma per le ragazze era un momento delicato.
Concentrata a pettinarsi, Ariel non si accorse subito di Attina che le si era avvicinata portando al collo un grosso pendente.
“Questo me l’hanno regalato sulla Terra”, disse; “e da quando ce l’ho, mentre canto, la mia voce arriva in alto fino alla luna!”
Afferrò la conchiglia che portava al collo e aprì le due valve, da cui uscì una piccola medaglia. “Non suona?” domandò Ariel, con la propria collana in mano; anche lei portava una conchiglia, ma una volta aperta si sentì il suono di un carillon: era il regalo della defunta regina Athena, la musica di Atlantica conservata in un cimelio.
“Il mio dono non suona né si vede a occhio nudo”, la sorella le rivolse un sorriso di circostanza; “Ariel cara, nostra madre ha fatto un grande sacrificio per lasciarti il carillon, ma il regalo che ho ricevuto io è molto più prezioso…”
Arrabbiata, la sirenetta adolescente aprì di nuovo la conchiglia e la fece suonare con insistenza davanti alle sorelle; per un attimo l’immagine della defunta madre si materializzò di fronte a lei, quella mamma tanto amata e mai conosciuta.
“Quale dono è più prezioso del mio carillon”, una lacrima le scese dagli occhi ma Attina si avvicinò ancora per consolarla: “no, sorellina, non volevo dire questo! Non voglio svilire mamma. Però quello che ho io è un dono speciale. Si moltiplica! Hai capito? Se qualcuno te lo dà, non lo perde. Tu hai il tuo, lui il suo!”
Tra le sorelle anche Aquata si sentì offesa; con le labbra socchiuse e lo sguardo rivolto in basso, scosse la testa ma capì dalle occhiate delle altre che non era opportuno parlare; così tornò al tavolo e addentò un’altra Briofish.
“Non esistono regali senza sacrifici”, disse appena finì la colazione; “è tutta una trappola! Ma c’è il modo per difendersi.”
Sollevò la roccia su cui era seduta e tirò fuori un flacone; tolse il tappo e ne estrasse una caramella che ingoiò subito, sotto lo sguardo stupefatto delle altre: “ormai sono anni che prendo questa medicina, a me quegli animali che stanno lassù fanno paura e non voglio avere nulla a che fare con le loro cellule. Queste pillole servono per evitare le loro malattie, ma… Papà non deve saperlo!”
“Ci costringono alle rinunce solo per controllarci”, sbottò Andrina, anche lei decisa a non partecipare alle prove di canto; tra le figlie di Tritone era la penultima nata, sminuita sempre dal padre e per questo la più motivata a violare ogni regola.
“Datevi tutte una svegliata, la strega ruba-voci non esiste, io sono salita in superficie e ho visto i puzzapiedi cantare e ballare! Erano liberi, senza pinne né coda!”
Le bastò poco per avere l’attenzione di Ariel, che ricordava troppo bene i racconti del padre sulla perfida strega del mare e i suoi incantesimi: quante sirene, prima di lei, avevano raggiunto la terra con un sortilegio della malvagia creatura e, per un paio di piedi, avevano perso la voce! Ariel si chiedeva se ne valesse la pena e saperlo tutto un falso, la tranquillizzò definitivamente.
“Ma davvero?” Come erano le voci, Andrina? Raccontami, dai!”
La sirena si guardò intorno e scacciò un paio di meduse curiose che si erano troppo avvicinate, non dovevano esserci orecchie e occhi indiscreti. Restò ancora qualche minuto in silenzio poi, assicuratasi di non vedere pericoli all’orizzonte, continuò a raccontare.
“Per essere dei puzzapiedi cantavano molto molto bene! Avevano una lastra enorme che sembrava ghiaccio dove comparivano tanti disegni, loro li seguivano e dicevano parole che noi non conosciamo. Non so, io ho capito solo, show must go on! Che cosa vorrà dire! Cosa dovrei mostrare!”
“Andrina, Andrina, quanto sei ingenua!” Rise Aquata, mettendosi a posto i capelli. “Vuol dire, lo spettacolo deve continuare! Oh, per tutti gli oceani se ci sente nostro padre che diciamo questa formula ci incenerisce!”
“Finirei incenerita se mi vedesse col mio pendente”, sospirò Attina e lo mostrò ad Ariel, che la guardò attonita: nulla c’entrava con la simbologia del mare, anzi pareva qualcosa di pericoloso che le risvegliò un ricordo inquietante.
“Per carità sei pazza Attina?” Si allarmò Adella, un’altra figlia di Re Tritone. “Ti ho sempre detto di nasconderlo! Anch’io ho quel ciondolo ma lo ho coperto con due conchiglie, nessuno lo deve vedere!”
“Quel segno mi fa paura”, supplicò Ariel. “Indica pericolo di malattia? Che cos’è? Attina spiegami!”
“Ariel, non ti facevamo così paurosa!” Dissero Attina e Adella, insieme. “Il simbolo si chiama Biohazard e tu devi fidarti solo degli umani che ce l’hanno. Cosa dici se te ne presentiamo uno, se anticipiamo la tua esplorazione? Dai, finché non c’è papà! andiamo giù al relitto! Chi viene?”
La sirenetta curiosa prese la medaglia della sorella tra le dita e, in silenzio, rimase a contemplarla; esitò per un momento poi, con un gesto rapido, la sfilò dalla conchiglia e tentò di inserirla nella propria collana.
Gli occhi di Attina si spalancarono dal terrore mentre una folata di vento gelido le percorse tutto il corpo. “Ariel! Maledizione, guarda che disastro hai fatto! Ridammela subito!”
“Ma perché”, domandò la sirenetta curiosa guardando il simbolo biohazard luccicarle in mezzo ai seni; “mi sta così bene! Lo voglio anch’io!”
“Già è tanto se ti ho permesso di toccarlo, Ariel. Dai, forza, andiamo a esplorare la nave che è affondata poco tempo fa. Voi altre venite?”
Aquata, Arista e Alana erano già sparite nelle loro stanze, solo Andrina e Adella rimasero lì a guardare Attina e Ariel allontanarsi. “D’accordo”, sorrisero complici; “vorrà dire che quando arriva papà, vi parerò la coda un’altra volta.”
Le due sirene uscirono dal castello del re e dalle mura di atlantica. Con la sorella maggiore al suo fianco, Ariel si sentì forte e felice di esplorare il nuovo mondo prima di compiere i fatidici 16 anni.
“Per te è il bis”, sorrise ad Attina ma l’altra le restituì una risata maliziosa: “per adesso non andiamo su, vediamo solo la nave. E poi se vuoi saperlo, io salgo ogni fine settimana! Io e il mio Gifter, insomma, l’umano che mi ha dato il biohazard…”
Nuotarono a lungo, indifferenti a molluschi e pesci che passavano loro a fianco; d’untratto un granchio le salutò con una chela provando a sbarrare la strada e loro, senza farsi alcuno scrupolo, gli passarono sopra. “Che maleducate”, brontolò il crostaceo, ma loro stavano già distanti. Finalmente all’orizzonte iniziò a vedersi la nave e Attina si mosse con più cautela: “appoggiati a me, Ariel, qui è meglio se facciamo attenzione. Non si sa mai, è meglio se non parliamo.”
Si avventurarono nel relitto, in mezzo a quel legno e metallo abbandonato a se stesso in cui all’apparenza non c’erano forme di vita. Sempre aggrappata alla coda della sorella, Ariel percorse con lei un lungo corridoio finché insieme raggiunsero ciò che restava del ponte.
“Qui c’è qualcosa, Attina! Ma questo è … questo è un copri-seno!” Ariel mostrò alla sorella ciò che aveva trovato, ma Attina si mise a ridere. “Gli umani le chiamano t-shirt! Forza Ariel, provala, vediamo se ti va bene!”
La sirenetta la indossò tutta orgogliosa e si accorse di quanto le stesse bene; anche muovendo le braccia si rese conto di non provare fastidio, così decise di tenersela.
“Però vorrei sapere cosa significa la scritta”, domandò alla sorella; “bug chaser, che parola è, che lingua è? Non voglio salire sulla terra con un disegno che offende!”
Attina si schiarì la voce, incredula e imbarazzata; possibile che qualcuno avesse lasciato in fondo al mare una maglietta del genere! “Ah, sì, certo! Una richiesta per gli abitanti della terra. Alcuni di loro, vedendo questa scritta, ti danno il regalo e ti fanno diventare positiva come me! Altri in effetti si offendono, però tu se vieni con me non avrai problemi.”
“Mi dirai un giorno cosa vuol dire essere positivi, io so solo che tu da quando sei ritornata a casa dal tuo viaggio canti molto meglio e conosci molte più canzoni. Peccato che nostro papà non te lo lasci esprimere e alla fine cantiamo sempre le solite!”
“Papà è vecchio, Ariel, non capisce! Prima o poi ci arriverà altrimenti non so cosa dirgli!”
“E Adella? Che le è successo, lei dice di aver avuto il regalo ma si definisce non rilevabile. Cosa vuol dire?”
“La positività si trasmette, tesoro. Ma lei ha dovuto spegnerla perché suo marito non ne voleva sapere e allora lei prende delle medicine che bloccano il virus…”
Eccolo, il ricordo inquietante. Ariel guardò ancora una volta la medaglia che aveva restituito alla sorella, il segno biohazard e la scritta sulla nuova t-shirt.
“Virus? Hai detto virus? Uno di quegli esserini piccoli piccoli come quello che ha ucciso i nostri amici delfini un anno fa? Mio dio! No! Ho paura! Tu hai un virus?”
Era molto difficile che Attina perdesse la pazienza, specie con Ariel; ma era evidente che stavolta lei le avesse toccato un punto debole.
“No, quello era terribile! Il mio è mortale solo se non ci stai attenta e non hai cura di te. Ma perché chiedi a me! Senti, Ariel: andiamo avanti? Ti decidi?”
Andarono avanti lungo il ponte della nave finché Ariel, con la mano, toccò un curioso oggetto rettangolare. “E questo? Attina, questo?”
Attina lo prese in mano e lo osservò con attenzione, per la sirena più anziana aveva qualcosa di familiare!
“Wow, che bello! Anch’io ne ho uno ma purtroppo non funziona. Fammi vedere. gli esseri che vivono su di sopra li chiamano smartphone io invece li chiamo ruba-voci, pensa che quando tanti duepiedi hanno questo in mano, lo usano per parlare e continuano a muovere le dita come i granchi ma dalle loro labbra non esce un suono.”
Per un momento Ariel ebbe la tentazione di buttare l’oggetto in acqua. “Fammi capire, forse la strega del mare esiste davvero e regala questi?”
“Non proprio!” Rise Attina. “Se li regalano da soli, coi soldi. Che spettacolo, Ariel, funziona! Si accende qualche luce, oh! Ma guarda…” Osservarono lo schermo del telefono, non credendo ai propri occhi.
“Non solo l’acqua non l’ha danneggiato ma questo affare contiene anche la nostra immagine! Ci siamo noi che prendiamo il sole sugli scogli, io e te! A seno di fuori! Il mio gifter li chiama, aspetta, selfie, foto, storie… Il mondo ci conosce Ariel, siamo famose!”
Con gli occhi sgranati, Ariel fissò l’immagine di lei e la sorella nude, stese su uno scoglio, al sole; “Non so cosa dire, il padrone di questo oggetto mi auguro sia morto affogato, a questo punto! Io non ho dato il permesso a nessuno di disegnare il mio seno sul vetro. Ma vorrai presentarmi questo tuo, come l’hai chiamato, il tuo amico?”
Evitando di rispondere, Attina guidò Ariel alla fine del relitto ma nessuna delle due trovò altri oggetti di loro interesse.
“Ascolta”, propose Attina dopo qualche minuto di riposo; “tornare a casa è un rischio adesso, cosa dici se saliamo in superficie? La riva è poco distante, basta che ci arrampichiamo su uno degli scogli qui più avanti.”
Ariel non se lo fece ripetere due volte, e con poche bracciate raggiunse lo scoglio più alto. “Fammi salire, Attina, sono troppo curiosa! Portami su!”
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