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Vuoto a perdere: la festa di Freddie

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Ammettiamolo, ci siamo affezionati al Vuoto a perdere; concediamogli una rubrica fissa! Anche profiler Adri ci ha consigliato di pubblicare le storie inviate da questo Mark Wilson, chissà che scrivendo possa commettere un passo falso e uscire allo scoperto.

Di: Redazione


La figlia di Freddie?

Maledizione! Fossero esistiti i social network negli anni 80 e 90 avrei rintracciato in un attimo la presunta donna che aveva dato una figlia a Freddie; invece, con la smania di mantenere il segreto, ho rispedito la lettera al mittente e, ora che ho in mano uno smartphone col traduttore automatico, rimpiango di non averla fotocopiata o trascritta a penna.

Per fortuna i miei datori di lavoro non mi hanno più chiesto conto della busta dopo che li ho convinti fosse il delirio di un mitomane, così ho mantenuto il mio posto di lavoro fino al 1990.

L’invito

14 febbraio 1990: mi mandò a chiamare Freddie in persona; quanto era debole e magro, ogni giorno che passava la malattia progrediva sempre più come se il virus volesse dirmi: “Se non ti muovi, lui sarà tutto mio!”

Bastava avere il coraggio di strappargli con violenza la cannula usata per somministrare i farmaci, e in pochi minuti avrei avuto il suo sangue tutto per me invece quel giorno mi feci uno scrupolo. Almeno fagli passare la festa degli innamorati assieme a Jim, ci penserai domani! Maledetti rimorsi di coscienza!

Fu enorme la sorpresa quando Freddie mi disse: “Ehi, William, o qualunque sia il tuo nome. Il 18 febbraio celebro i 20 anni di carriera coi Queen. Vieni, vero? Ormai sei uno di famiglia!”

“Qualunque sia il tuo nome.” Riflettendo col senno di poi, dovevo sospettare che avesse scoperto le mie intenzioni e volesse tendermi una trappola ma allora l’eccitazione non mi fece ragionare.

Mi avvicinai a lui e mentre lo stringevo forte a me per ringraziarlo, il mio braccio sfiorò la cannula dei farmaci. “Fermo, Mark, non è il momento”, pensai tra me, e mi allontanai.

I giorni seguenti fui colto dagli incubi, ogni notte la stessa scena: Freddie che, discreto, entrava nella mia stanza e si spogliava davanti a me. “Ho capito chi sei e cosa vuoi, sono qui, prendimi!”

Si apriva un taglio sulla mano con un coltello e lo avvicinava al mio volto, quel poco che bastava per farmi sentire l’odore del sangue. Ma alla fine si allontanava succhiandosi la ferita e ridendomi in faccia: “Negativo pauroso! Ecco cosa sei!”

Al mio risveglio tutte le volte sentivo il sapore metallico, il mio cuscino era sempre macchiato… Ma ero solo io che nel sonno mi mordevo la lingua o le labbra, facendo uscire gocce di sangue eternamente negativo dal mio corpo inutile.

Chissà come sarebbe stato, una volta avuto ciò che mi spettava? Più gustoso, più caldo, più carico, insomma POSITIVO, come dovrebbe essere!

Vuoto a perdere: La festa di Freddie

Quella fu una serata memorabile, l’industria discografica britannica premiò i Queen per l’importante contributo dato alla musica inglese e loro festeggiarono i vent’anni di carriera; il chitarrista Brian May attribuì scherzosamente il premio al riciclo di grandi quantità di vinile ma Freddie non partecipò. “Grazie e buonanotte”, disse, rimanendo isolato per tutto il tempo.

Quando uscimmo mi avvicinai di nuovo a lui e gli feci le congratulazioni per il premio ma non mi rivolse una singola parola; i suoi occhi erano solo per i suoi amici Queen, così finsi un malore e iniziai a barcollare da destra a sinistra. “Freddie, sto male”, urlai. “qualcuno mi aiuti!”

Diversa gente mi soccorse e rimasi sconvolto quando vidi l’ultima persona che pensavo di incontrare a un simile evento: Raymond Still, il ricercatore. Cosa ci faceva lì? Forse aveva ricevuto la mia lettera in cui gli dicevo che Freddie era malato di AIDS, e aveva preso contatti per il suo lavoro sul virus senza dirmi niente?

No, dai, pensai per calmarmi. Sono mesi che la stampa specula su Freddie Mercury e la sua malattia, la voce sarà arrivata certamente da là! Raymond è una persona onesta, lo conosco!

Vedendo il mio ex amico mi resi conto che non avevo più niente da perdere ormai, o adesso o mai più! Dissanguare Freddie in quel preciso momento avrebbe consentito di condividere il virus tra me e Ray, risanando definitivamente la nostra storica amicizia.

“Freddie!” Mi misi a urlare e il frontman dei Queen mi guardò perplesso. Inevitabilmente pensai agli ultimi giorni del mio defunto ragazzo Andy e senza più alcuno scrupolo tirai fuori tutta la mia rabbia, e un coltello a serramanico che tenevo ben nascosto nei pantaloni.

“Te la farò pagare, il mio ragazzo è morto per colpa tua!”

D’improvviso mi sentii afferrare da dietro ma non erano gli addetti alla sicurezza dei Queen: era Ray Still a bloccarmi!

“Ti conviene andartene”, mi disse deciso. “Altrimenti rivelerò a tutti chi sei veramente!”

“Lo so già dottor Still”, aveva risposto Freddie. “Da mesi il mio staff lo tiene sotto controllo e ho capito quant’è pericoloso. Da oggi sei licenziato, William Karson, anzi Mark Wilson!”

Non ebbi altra scelta e me ne andai con lo staff dei Queen, mentre Raymond portò via Freddie per prendersene cura. Da allora nessuna notizia mi arrivò più, fino al 23 novembre 1991 quando Freddie annunciò la propria malattia, e il giorno successivo il mondo apprese la sua morte.

Ritorno alle origini

Era accaduto: il virus se l’era portato via prima di me. Così me ne tornai a Chicago dov’ero nato, e dove continuai a lavorare come addetto alle pulizie. “Chi aspetta sarà premiato”, il mio povero fidanzato Andy continuava ad apparirmi in sogno con quella dannata frase, a cui aggiungeva: “Ricorda, i cantanti che son morti non son morti veramente!”

Non ho mai capito cosa volesse dire; certo, Freddie era ancora vivo grazie alla musica ma non bastava. L’unica mia speranza per avere il suo DNA dentro di me, era trovare una persona a cui avesse trasmesso il virus o, addirittura, il suo gifter. Colui o colei che gliel’aveva dato; un ago nel pagliaio, come si dice.

Finché un giorno del 1994, guardando una serie TV ambientata in un ospedale, vidi la bambina. Tatiana, 7 anni, russa e malata di AIDS. La presunta figlia di Freddie si chiamava così! Stai a vedere che è lei?

Onde evitare di esser preso per matto non chiesi informazioni al policlinico universitario di Chicago o all’istituto dove la bimba era ricoverata, Casa Radiosa; lasciai così passare il tempo e tutta la storia di Freddie e presunta figlia passò nel dimenticatoio, ma un giorno del 2000 mia sorella Virginia mi fece nuovamente sperare.

“Sai Mark, fratellone”, mi disse raggiante. “Sto partendo. Mi trasferisco in Italia!”

Appassionata di cucina com’è sempre stata, poteva solo realizzarsi in un paese come quello dove la gastronomia è apprezzata in tutto il mondo! “Non so se ne hai mai sentito parlare”, mi spiegò. “Mi hanno accettato all’università internazionale di un posto pressoché sconosciuto, si chiama Bugliano. Andrò a conseguire un master di specializzazione per diventare chef.”

La IBUOL! Certo! Virginia ha molte più capacità di me, sicuramente la ammetteranno e potrà realizzarsi, mentre io sono stato un completo fallimento!

“So cosa stai pensando fratello”, mi disse abbracciandomi. “Ma se non ti hanno ammesso in biologia, certamente potrai essere un ottimo insegnante madre lingua inglese. Che dici?”

Bugliano, arrivo!

E così eccomi qua. Dal 2001 insegno inglese alla IBUOL e ho dimenticato completamente il proposito di dissanguare qualcuno; mi sono sposato con la docente di chimica e mi prendo cura di sua figlia Gloria come fossi il suo vero padre, una ragazza meravigliosa che da tempo ormai lavora alla centrale nucleare di Bugliano.

Avete visto, spesso e volentieri si hanno pregiudizi sulla gente e quando uno ha avuto un passato violento è segnato per sempre. Invece io sono la dimostrazione che se si vuole, la vita può cambiare.


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Le storie ambientate nel “Mondo Positivo” sono opere di pura fantasia e non rappresentano fatti o persone reali. Gli autori, attivi da tempo nella lotta a HIV e AIDS, utilizzano queste narrazioni per contrastare lo stigma legato all’infezione.

Si sottolinea che tali racconti non incoraggiano comportamenti dannosi per la salute ma la finalità è sensibilizzare sulla prevenzione educando al rispetto per le persone che vivono con l’HIV.


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