Italiano
English

Maurizio Tarocchi 11: chi ha i denti non ha il pane

Aggiornato il:

Da:

Serie:

“Chi ha il pane non ha i denti, chi ha i denti non ha il pane!” Cos’avrà mai voluto dire l’amica della defunta Jenny, a Maurizio e Undet?

E Adri, a Bugliano, come se la cava col piccolo Jonathan?


Maurizio Tarocchi 11: Chi ha i denti non ha il pane

Il piccolo Jonathan dormiva profondamente sul divano, con ancora fra le dita alcuni foglietti su cui aveva disegnato i volti dei super eroi; piano piano, a piedi scalzi per non farsi sentire, Rocco Vitale gli si avvicinò e glieli tolse dalle mani poi, accertatosi di non averlo svegliato, chiuse la porta del soggiorno e raggiunse il bagno. Ci vollero pochi secondi a buttarli nel gabinetto, due colpi di sciacquone e non restò più traccia di quei disegni infantili che, per Vitale, avevano parlato già troppo.

Un’ambigua carezza sulla guancia del bambino e Rocco tornò in cucina, fermandosi in piedi alle spalle di Roger. “Eugenio dorme come un ghiro”, gli sussurrò a un orecchio. “E io ho fatto quello che dovevo.”

“Te lo auguro amico, non voglio finire un’altra volta in galera per colpa tua né tanto meno del moccioso.”

“Calma, Roger! A nessuno conviene eliminare Eugenio e io da poliziotto so come muovermi. Lui starà buono, noi ne usciremo puliti e andremo avanti dritti all’obiettivo!”

Per quanto Adri cercasse di spiare la conversazione seduto dal lato opposto del tavolo, i due parlavano a voce troppo bassa ed era impossibile intercettare le loro parole; ma quando li vide spostarsi mano nella mano verso la stanza da letto si lasciò sfuggire una risatina maliziosa; non aveva motivo di interrompere quel momento intimo fra i suoi amici, così finalmente lontano da occhi indiscreti scattò una foto al foglietto con disegnato il volto di Elias per inviarla immediatamente via messaggio a Maurizio.


Invidia e rancore

Quando il telefono gli vibrò in tasca Maurizio era ancora a casa di Lolli; diede una rapida occhiata alla notifica di nuovo messaggio, concentrato com’era a riflettere sulla frase pronunciata dalla donna.

“Mi scusi tanto signorina ma non riesco a capire cosa intende. In che senso chi ha i denti non ha il pane?”

“Esattamente quel che ho detto, commissario: al mondo alcune persone sono destinate alla felicità, e altre no. La vita è un dono e spesso le donne non lo accolgono, perché o abortiscono o come ha fatto Jenny mettono al mondo i bambini, se ne pentono dopo qualche mese di pensieri e notti in bianco, e li abbandonano.”

“E se fosse uno stupro?” Ipotizzò Undet. “Io non ho la minima idea di chi sia questa ragazza perciò se non ha voluto con sé il proprio figlio una ragione deve pur esserci.”

“Lei amava mettersi nei guai”, spiegò Lolli, il volto contratto dalla tensione. “Da quando è risultata positiva, invece di legarci come speravamo, ci siamo allontanate definitivamente perché ha iniziato a frequentare una compagnia poco raccomandabile.”

Il respiro affannoso, le mani strette a pugno ma soprattutto lo sguardo distante. Era palese che Lolli stesse perdendo la calma e i due poliziotti decisero di lasciarla parlare.

“Non dovrei raccontarlo, ma Jenny amava un ragazzo sociopatico, stupratore e affiliato a una setta di fanatici; il bambino è nato da quelle violenze e quando mesi dopo Jenny l’ha abbandonato ho cercato di ottenerne l’affidamento, poi però la nonna paterna ha avuto la meglio, solo perché era infermiera in ospedale.”

Fu inevitabile per Undet ricordare il bimbo salvato anni prima e si sforzò di mantenersi neutro: “povero piccolo io spero per lui che sia vivo!” Era consapevole che ogni parola fuori posto avrebbe vanificato l’indagine, così si limitò a osservare ogni gesto di quella donna affascinante ed enigmatica.

“So soltanto che il violentatore abitava in una città della Toscana, Bugliano, quindi a rigor di logica il piccolo vive lì con la nonna. Quanti chilometri si è fatta Jenny per quell’uomo, l’ha sempre amato nonostante tutto.”

“Sindrome di Stoccolma? O paura di ritorsioni in caso di ribellione?”

Lolli si asciugò una lacrima con un fazzoletto, e Undet le posò una mano su un braccio in segno di conforto; la situazione era complessa ma, con o senza Maurizio Tarocchi, ne sarebbe venuto a capo. Lo doveva al piccolo Simone.

“Stuprata e avvelenata”, ormai la donna piangeva senza più trattenersi; “quel criminale non aveva alcuno scrupolo.”

“Allora non è stato l’AIDS”, intervenne Maurizio Tarocchi; “a questo punto è evidente che nessuno dice la verità.”

“Vede commissario, coi farmaci antivirali Jenny sarebbe tornata a una soglia ben superiore ai 200 linfociti CD4, e invece…”

Tarocchi scosse la testa: nulla capiva della situazione in cui l’avevano cacciato, ma il linguaggio medico gli urtava i nervi. “Per favore non mi si ubriachi coi paroloni”, si spazientì; “gradirei che si inizi a parlare come si mangia.”

“Si riferisce alle difese immunitarie”, spiegò Undet. “E se a causa dell’HIV scendono sotto i 200 sei in AIDS conclamato, esposto a decine di malattie.”

“Infatti! Sarebbe tornata in forma perfetta se non fosse per quello stronzo che le metteva l’arsenico nell’acqua. Lei lo sospettava già da un po’, ma è morta prima di poterlo definitivamente dimostrare.”

“Minchia, ma ho capito bene? Come gli avvelenamenti dell’antichità?” Per Maurizio era la prima volta che l’arsenico entrasse in un’indagine, ne aveva letto tanto nei libri polizieschi e quando studiava storia del crimine all’università, ma dovette prendere coscienza che forse la situazione era più complessa del previsto.

“L’arsenico non si trova al supermercato”, le disse severo; “ma su che base è così certa che la sua amica non sia morta di AIDS?”

“Perché me ne parlò Jenny dall’ospedale”, rispose Lolli scocciata. “Non so altro!”

Tarocchi però non era abituato ad arrendersi: “ci sarà possibilità di riesumare il corpo, fare un’autopsia…”

“Impossibile. Sua madre considerava l’AIDS un disonore e si è suicidata dopo aver fatto cremare la figlia.”

“Comprendo, certo”, la interruppe Undet; “ma adesso vorrei sapere di più sul padre biologico del bambino, eventualmente parlare con chi l’ha adottato! Io vivo e lavoro a Bugliano, e ho come l’impressione che tu voglia evitare il discorso, questa storia non mi piace proprio per niente.”

“Vi ho detto tutto ciò che sapevo”, replicò Lolli irritata; “cos’altro volete?”

“Indagheremo in un modo o nell’altro”, avvertì Maurizio. “Anche a costo di arrestarla per aver ostacolato le indagini, signorina Lolli! O qui o a Bugliano nessuno la passerà liscia.”

“E io li aiuterò!” Il giornalista Nico Russo, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, voltò le spalle alla donna e si diresse verso la porta d’uscita seguito dai due poliziotti che salutarono la padrona di casa con un breve cenno della mano.

“Possiamo fare tutto anche senza cadavere”, annunciò mettendo in moto l’auto; “forza Mauri, torniamo a casa tua che devo spiegarti un po’ di cose.”


Il diario

Usciti gli ospiti, Lolli si abbandonò alle lacrime e prese in mano il proprio smartphone scossa da un pianto inconsolabile che non si fermò neanche quando lesse un messaggio romantico arrivatole da un uomo poco prima; tra i singhiozzi, provò a comporre il numero dell’amato ma non ottenendo risposta, ripiegò su un messaggio vocale:

“Caro, ascolta, stanno ficcando, troppo … Stanno ficcando troppo il naso. Ti ho tanto amato dolcezza ma adesso non posso più… Mi raccomando, segui sempre Dio.”

Poi, spento il dispositivo, aprì uno stipetto in cucina e ne tirò fuori un barattolo senza etichetta per versarne il contenuto in una bottiglia d’acqua.

“Cosa ne pensi Undet?” Domandò Maurizio, seduto nell’auto accanto a Nico. “Mi pare talmente ambigua quella donna!”

“Volete sapere la mia? Sicuri? Quella ci sta prendendo per il culo e secondo me è lei ad avere l’arsenico. Ci scommetto il collo.”

“Una persona decisamente ambigua e pericolosa”, sospirò Maurizio posando lo sguardo sulla giacca di Nico; “poi se il tuo stemma rappresenta davvero ciò che temo…”

“Assolutamente no, con Lolli è una relazione finta. Di lavoro. Sono HIV negativo e lei non lo sa!” Il giornalista tirò fuori un flacone di pillole dal porta oggetti dell’auto e uno scontrino della farmacia risalente a quella stessa mattina: Profilassi pre-esposizione.

“Figurati se sono così coglione da prendermi il virus di proposito, ho fatto una gran fatica a ottenere la prescrizione, ma almeno ora sono protetto! Riusciremo insieme a smantellare questa banda di untori seriali, fosse l’ultima cosa che faccio in vita mia.”

“Negativo anch’io!” Gli rivelò l’ex commissario. “Siamo amici da una vita e spero di potermi fidare: sto fingendo di essere positivo, e vedo che tutti ci cascano!”

“Quasi quasi mi viene voglia di buttar via i farmaci antivirali e trasmettervelo”, scherzò Undet; “almeno la finireste di fare tanto gli spiritosi tutti e due.”

“Non è il caso di scherzare”, il tono di Nico era inequivocabilmente angosciato; “quella lì è un demonio! Specie quando si veste come la donna di Superman.”

“Preferiremmo non conoscere i tuoi giochi erotici, se permetti.”

“Ma penso che senza portarmela a letto, non avrei ottenuto delle informazioni utili sicuramente anche a voi!”

L’uomo aprì di nuovo il porta oggetti e, riposizionato il flacone dei farmaci, estrasse un diario chiuso con un lucchetto per porgerlo subito a Maurizio che lo guardò sbalordito: sulla copertina era ritratto un bambino con accanto la scritta “Jonathan, Gioia mia.”

“Senti, Enrico! Mi dovresti spiegare, da come ti comporti pare che tu sappia molto più di quanto voglia far credere. Di chi minchia è questo diario?”

“Di Stefania… cioè Jenny. La ho conosciuta quando anni fa la incontrai a casa di Lolli e siamo diventati amici, era molto interessata al mio lavoro.”

Maurizio aveva passato il diario nelle mani di Undet, che guardò scioccato il volto del bimbo disegnato. “Io ho già visto questo ragazzino e devo essere indiscreto, Nico. Ci ha mai provato, voglio dire, Jenny ti ha mai fatto la corte?”

“No, anzi! Però cercava sempre l’occasione per confidarsi con me e non con Lolli. Era tutto un enigma povera Jenny, pensa che mi salutava in modo stranissimo: ‘Sera, Nico.’ Diceva così anche la mattina.”

Compreso di poterci fare poco, Undet lasciò nuovamente il diario a Tarocchi che iniziò a maneggiare il lucchetto. Nulla da fare, non sembrava esserci verso di scassinarlo in alcun modo e l’astuccio coi grimaldelli era rimasto a Bugliano.

Fu Nico a sbloccare la situazione, quando si sfilò dal collo un pendente con una piccola chiave. “Ecco, leggete con calma perché c’è dentro roba grossa, ve lo garantisco! Lolli indossava questo ciondolo su un bracciale e io gliel’ho sfilato qualche notte fa, mentre dormiva; appena ho visto la serratura del diario ho capito subito che la chiave era compatibile!”

“Siete pazzi a invadere la vita privata di una ragazza morta”, obiettò Undet, mentre Maurizio si infilava la chiavetta in tasca. “Io mi sento proprio un verme a fare una cosa simile.”

“Poveretta, Jenny aveva bisogno d’aiuto e io non l’ho compreso in tempo, è stata lei a darmi il proprio diario dopo avermi per l’ennesima volta detto quella frase con insistenza. Sera, Nico. Sera, Nico.”

“Scusa tanto, però: se la chiave era sul braccio di Lolli, qualcosa non mi torna.”

“Appunto, Mauri, lei l’ha rubata a Jenny perché il diario era già qui da me. Quasi sicuramente lì dentro ci sono informazioni che le due amiche tenevano ben nascoste, ora sta a voi indagare e capire! Avrei voluto fare di più per lei.”

Il giornalista accennò un sorriso malinconico ricordando qualche sera prima: in una tranquilla cena fintamente romantica assieme a Lolli, aveva sciolto una pillola nel caffè di lei e quando la donna aveva perso conoscenza, era stato facile toglierle il bracciale, metterselo in tasca e sostituirlo con uno identico acquistato da un venditore di gioielli poco legali.

“Sentite ragazzi vi butto là un’idea”, propose Undet cambiando discorso. “Andiamo a mangiarci qualcosa perché tra un po’ si fa notte, e forse con la pancia piena riusciremo a ragionare meglio su questo casino. Che dite?”

“Sono stanco e non ho voglia di andare a cena fuori”, rispose Nico parcheggiando davanti all’abitazione di Maurizio. “Voi gestitevi come credete, io me ne vado a casa a letto. Ci aggiorniamo, d’accordo?”


Ritorno a casa

“Ambiguo anche lui”, pensò Undet ma evitò di parlare ad alta voce, preferendo accomodarsi nella veranda del collega; appoggiato sul tavolo il diario di Jenny, Mauri si frugò in tasca cercando invano le sigarette e accantonata l’idea di fumare, iniziò a camminare avanti e indietro con l’aria inquieta di chi ha un orribile presentimento. “Arrivo subito”, disse a Undet. “Devo andare al bagno un attimo poi se ti va andiamo alla trattoria della spiaggia.”

Rimasto solo, il detective buglianese tirò fuori lo smartphone e digitò un numero di telefono che ormai sapeva a memoria. Uno, due squilli, tre… La voce dall’altro capo del telefono però sembrava scocciata.

“Ehi Adri, sono io.”

“Dove cazzo eri finito, Undet! Siete su un’isola deserta?”

“A casa di Tarocchi. Ma qui la situazione non mi piace affatto…”

“A chi lo dici! Ma parliamone di persona. Vi ho prenotato il volo di domani per Bugliano!”

Inutile chiedere spiegazioni, Adri aveva già interrotto la comunicazione e Undet sapeva che quando l’amico si mostrava sfuggente la questione era sempre molto seria.

“UNDET!” gridò Maurizio, agitatissimo. “Vieni qui subito!”
Lui corse in casa dal collega, trovandolo davanti al tavolo della cucina intento a fissare un biglietto attaccato con lo scotch e una composizione creata coi ritagli del giornale, le cui lettere formavano un messaggio inquietante: Ragazzo Ancora Giovane Ostaggio Nell’Edificio Senza Elettricità.

“Cena in frigo”, c’era scritto sul foglietto; “e altra minchiata di mio figlio. Raimonda.”

“Secondo me parla di quel ragazzo scomparso. Come si chiama, Leonardo, Elias, tutti e due, non so… Ma se qualcuno è in pericolo dobbiamo muoverci subito!”

“Tu la fai facile Undet, possiamo parlare con Raimonda ma cosa pretendiamo da una con la terza media? Qui ci vuole il tuo amico profiler!”

“Un attimo, Mauri, prima di scomodarla possiamo parlare con suo figlio! Forse è per questo che Adri ci ha richiamati a Bugliano, Roger sta lì!”

“Brancoliamo nel buio”, Maurizio scosse il capo senza mai allontanare gli occhi dal collage fatto coi ritagli di giornale; “non ho mai capito quel ragazzo fino in fondo! Se è a Bugliano perché vuole mettere in mezzo la sua povera madre!”

“Io avrei un’idea”, azzardò Undet, come se gli fosse balenata un’intuizione all’improvviso. “Non conosco la signora Raimonda. Ma forse qualcuno potrebbe servirsi di lei…”

Un altro vigoroso diniego da parte di Mauri, che controvoglia mise a scaldare la pasta nel forno a microonde. “Sarà la fame, ma non capisco dove vuoi arrivare.”

“Qualcuno si fa passare per Roger e sfrutta Raimonda per parlare con te senza sporcarsi le mani.”


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *